Fattori esterni che incidono. Il Covid-19 ha favorito indirettamente il minore ricorso al lavoro da parte delle famiglie

Anche una voce sicuramente apprezzabile, quella che segnala la riduzione del lavoro irregolare nel corso del 2020, nasconde però una seconda verità. Tale riduzione, soprattutto in quella di maggiore rilievo, vale a dire negli Altri servizi alla persona, è strettamente connessa alle dinamiche del Covid-19: i periodi di lockdown e il massiccio ricorso allo smart working hanno ridotto di conseguenza l’esigenza delle famiglie di avere una assistenza più o meno formale in casa. Nonostante un calo di tre punti percentuali, l’incidenza del lavoro irregolare in questo comparto continua ad essere molto alta: 43,4%. Una flessione si registra anche in altri settori produttivi, seppure con volumi di molto inferiori e con dinamiche interne decisamente differenti. Se nell’Istruzione, sanità e assistenza sociale in calo è la componente lavoratori indipendenti, in agricoltura a contrarsi è la componente del lavoro dipendente. Guardando ai settori produttivi, detto dell’enorme incidenza negli Altri servizi alla persona (43,4%; un dato che deve essere analizzato con attenzione e che richiama l’appesantimento burocratico successivo alla riforma del lavoro accessorio con l’introduzione del Libretto Famiglia), l’incidenza del lavoro irregolare è forte in Agricoltura (18,4%), nel Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (15,3%), nel Terziario (14,5%) e nelle Costruzioni (13,5%). In valori assoluti, parliamo di oltre un milione di addetti nei servizi alla persona, di 660mila nel commercio, ma anche di 440mila addetti nel complesso dell’industria.