La criminalità organizzata gestisce un giro di affari pari all’1,2% del prodotto interno lordo
Le attività illegali, che sono tali perché definite da una legge dello Stato, nel corso del 2020 hanno generato un valore aggiunto pari a 17,4 miliardi di euro, vale a dire circa l’1,2% del prodotto interno lordo, un valore che include il cosiddetto indotto derivante dai beni e dai servizi questa volta legali che sono utilizzati nei processi produttivi illegali. Un esempio per chiarire: il contrabbando di sigarette (0,6 miliardi di euro nel 2020, in crescita) è illegale, ma la criminalità utilizza servizi legali come il trasporto e il magazzinaggio. Oltre al contrabbando di sigarette, sono due le voci che compongono le attività illegali, vale a dire il traffico di stupefacenti e la prostituzione. Dopo una crescita costante che durava dal 2014, nel corso del 2020 i ricavi dalle attività illegali sono diminuiti, sia considerando il valore aggiunto (17,4 miliardi da 19,4 miliardi) che per quanto attiene alla spesa per consumi finali delle famiglie (19,6 miliardi da 22 miliardi). Guardando alle componenti, in valori assoluti il calo più vistoso è nel traffico di stupefacenti (-1,5 miliardi), ma in termini percentuali il decremento maggiore è nella prostituzione (-14,6%); il tutto, mentre, viceversa, il contrabbando delle sigarette segna un più, passando da 500 a 600 milioni. Interessante il fatto che la riduzione, almeno secondo le stime Istat, è maggiore sul versante della spesa per consumi finali delle famiglie che su quello del valore aggiunto: la crisi ha colpito più la criminalità che chi utilizza certi servizi.