Come un Giano bifronte o, più prosaicamente, come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. La prima osservazione che balza analizzando la nota di aggiornamento del Def è la forte crescita che ha caratterizzato i mesi successivi al picco della pandemia del 2020. L’avvento del Covid-19, con le conseguenti misure restrittive, ha generato un crollo del prodotto interno lordo duraturo e profondo. Subito dopo, però, sono seguiti sei trimestri, vale a dire un anno e mezzo, di crescita molto marcata, tanto è vero che a giugno 2022 il Pil aveva superato di oltre mezzo punto percentuale il livello medio del 2019. Nonostante l’esplosione della guerra russo-ucraina, quindi, il prodotto interno lordo è cresciuto e con esso anche l’occupazione che, a luglio, era superiore alle medie degli anni precedenti il Covid-19 di oltre tre punti percentuali. Fino a qui gli elementi positivi, perché poi la Nadef segnala il veloce e progressivo deterioramento delle condizioni complessive dell’economia con il peggioramento di diversi indici, ad iniziare da quello relativo alla produzione industriale. Un rallentamento che non è soltanto italiano, in quanto coinvolge larga parte delle economie europee e mondiali per effetto dell’aumento dei prezzi dell’energia e del repentino rialzo dei tassi di interesse da parte delle banche centrali, intervenute con l’obiettivo di raffreddare l’inflazione, la quale, secondo quanto sostenuto nella Nadef, ha raggiunto i livelli più elevati degli ultimi quarant’anni. Il rialzo dei tassi, però, è destinato ad avere un impatto depressivo sulle attività economiche e sui mercati immobiliari, mentre, tornando al caro energia, è interessante osservare come esso sia riconducibile anche a fattori diversi rispetto alla riduzione dei flussi di gas dalla Russia. Fra le cause, il governo Draghi indica, ad esempio, pure la temporanea chiusura di alcune centrali nucleari francesi e la siccità che ha impattato negativamente sulla produzione di energia idroelettrica.