Nei primi mesi dell’anno, si registra un più 31%, con un maggiore impatto per le donne

Da qualche tempo, si parla con una certa insistenza del fenomeno delle dimissioni volontarie del personale dipendente. Soprattutto negli Stati uniti, tale fenomeno è stato spesso collegato alla volontà del lavoratore di ritagliarsi un proprio spazio vitale, in una sorta di acquisita consapevolezza del fattore tempo dopo il Covid-19. Una ricostruzione che, però, convince poco per quanto riguarda il nostro Paese, caratterizzato, come osservato più volte dalla Ugl, da un alto rischio di scivolamento verso la disoccupazione di lunga durata. I numeri appena presentati dal ministero del Lavoro segnalano un incremento del 31% delle dimissioni volontarie nei primi sei mesi dell’anno per un totale di 1,1 milioni di casi a fronte delle circa 840mila unità dello stesso periodo del 2021. La crescita esponenziale delle dimissioni ha riguardato soprattutto le donne con un incremento di quasi otto punti percentuali in più rispetto alla componente maschile. In media, almeno fino a giugno, le dimissioni aumentano soprattutto nelle regioni del Nord, ma non in Lombardia che pure da sola contribuisce per oltre 250mila casi. Anche la Toscana e il Lazio sono sopra la media nazionale, mentre il fenomeno riguarda solo in parte il Sud, dove le opportunità di trovare una nuova occupazione scarseggiano. Per l’Inps, l’incremento delle dimissioni è un mero dato statistico: si recuperano quelle non fatte nel corso del 2020.