di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Sappiamo bene che il primo punto che dovrà essere necessariamente messo in cima all’agenda del nuovo governo sarà la questione energetica. Bisognerà trovare il modo di aiutare in maniera consistente famiglie e imprese ad affrontare questa ennesima crisi, gravissima. Se non contrastato, infatti, il caro-bollette potrebbe determinare una vera e propria desertificazione industriale del Paese, con conseguenze sull’occupazione, sull’impoverimento generale, sui consumi, sulla tenuta sociale, sui conti dello Stato, tra tasse mancanti per via della chiusura delle aziende e costi in crescita per finanziare la maggiore richiesta di ammortizzatori sociali. Uno scenario da scongiurare a tutti i costi. La stessa Giorgia Meloni, premier in pectore, in attesa dell’investitura ufficiale da parte di Mattarella e della fiducia da un nuovo Parlamento che a breve si insedierà, ha indicato nella questione energetica il primo tema, sul quale già sta lavorando per decidere che strada intraprendere. Sebbene in linea di principio l’Ugl proponga una politica economica e fiscale espansiva, fatta di minori imposizioni per favorire produzione e lavoro, in questo caso sarà importante anche procedere con tasse mirate. Se l’obiettivo, infatti, è quello di contrastare l’aumento dei prezzi senza indebitare ulteriormente il Paese, indebitamento che peraltro sarebbe utilizzato dallo Stato non per piani di sviluppo per l’Italia, ma per pagare, al posto degli utenti, i prezzi dell’energia aumentati a causa della guerra e soprattutto della speculazione, non ci sono molte strade percorribili. Volendo mettere in campo interventi sostanziosi e non piccole misure tampone occorrono, infatti, un piano Ue, un tetto europeo al costo del gas e la tassazione degli extraprofitti delle imprese energetiche. Intervenendo con una tassazione straordinaria non tanto “di solidarietà”, quanto, più correttamente, “di sistema”, perché questo è un problema talmente grave da riguardare tutti e mettere la nostra intera società a rischio. Solo l’Eni, azienda pubblica, avrebbe infatti guadagnato circa 20 miliardi di euro in più tra 2021 e 2022, vendendo, come le altre aziende energetiche, le materie prime a prezzi maggiorati in una spirale di aumenti iniziata con la crescita della domanda nel post-pandemia e poi continuata dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Tassare gli extraprofitti per sostenere i lavoratori e la produzione è ormai necessario. Una proposta caldeggiata da molti, non solo all’interno del mondo politico, ma anche della cosiddetta società civile. L’auspicio è che si cerchino soluzioni convincenti e condivise, ad esempio attraverso l’immediata convocazione di un tavolo tra Governo e parti sociali per discutere delle politiche energetiche e industriali fondamentali per la tutela degli interessi nazionali e per lo sviluppo del Paese.