Effetti ridotti sull’Italia che può contare su di una diffusa contrattazione collettiva

Il Consiglio dell’Unione europea ha dato il via libera definitivo alla direttiva sul salario minimo legale, della quale si era parlato diffusamente anche nelle scorse settimane. Il testo ora dovrà essere recepito dai singoli Stati membri, anche se, è bene ricordare, gli effetti concreti saranno molto differenti da Paese a Paese. L’obiettivo primario della direttiva, infatti, non è tanto quello di spingere i singoli partner europei a definire una norma di legge per l’introduzione del salario minimo orario legale, quanto, piuttosto, quello di intervenire soltanto laddove si dovesse registrare una carenza sul versante della contrattazione collettiva. La direttiva indica una soglia dell’80% di copertura dei contratti collettivi; al di sotto di tale soglia, il legislatore dovrebbe intervenire per assicurare condizioni retributive dignitose. Non è quindi il caso dell’Italia, uno dei Paesi che si caratterizza per la maggiore diffusione della contrattazione collettiva. Il via libera alla direttiva, comunque, ha riacceso il dibattito, anche se, indubbiamente, l’esito delle elezioni politiche è destinato ad incidere in maniera verosimilmente decisiva. Il centrodestra, raccogliendo le indicazioni delle parti sociali, ha sempre parlato di potenziamento della contrattazione collettiva, a differenza del Movimento 5 Stelle e del Partito democratico più orientati sull’ipotesi salario minimo per legge.