di Francesco Paolo Capone Segretario Generale UGL

È normale che ogni soggetto, associazione, corpo intermedio, Nazione abbia le proprie ricette per uscire da un periodo senza precedenti e che il Censis ha denominato, nel rapporto presentato ieri, «delle tre crisi», cioè pandemia, caro energia e guerra in Ucraina.
Lo è un po’ meno se, in questa enorme nave, apparentemente, si spera, alla deriva, su cui siamo seduti tutti in Europa, ognuno volesse imporre la propria su quella degli altri, senza tenere conto delle diverse esigenze e specificità. Proprio ciò che sta accadendo in Europa, “grazie” all’iniziativa della Germania con il suo sorprendente e mastodontico (200 miliardi di euro) piano per arginare il rincaro dell’energia, che, a guardare bene, è stato denominato dandogli uno spettro molto più ampio e cioè «Scudo di difesa economica contro la guerra d’aggressione russa. Mentre 27 Paesi e 15, in particolare, stanno cercando una risposta comune alle oscillazioni del prezzo del gas, perché è solo così, che si può imporre sul mercato il proprio prezzo. Avremmo anche degli “Stati amici”, che suppliscono alla mancanza di gas russo, ma quando si tratta di speculare sul prezzo non c’è amicizia che tenga.
Sta accadendo in Gran Bretagna, dove la premier Liz Truss è stata costretta a fare marcia indietro (anche se parziale) rispetto al suo “piano straordinario” che conteneva un taglio di tasse per i ricchi. Sta accadendo, in parte, anche in Italia: dopo la vittoria schiacciante del centrodestra, ogni giorno qualcuno sostiene che punti qualificanti del programma elettorale non si potranno attuare. Dalla rivisitazione/abolizione del Reddito di Cittadinanza, che improvvisamente per alcuni è diventato intoccabile (come se il centrodestra fosse interessato ad aumentare la povertà), alla flat tax e ai prepensionamenti, che secondo il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi «non possiamo permetterci».
Che ci siano interventi necessari per le imprese da mettere in campo nessuno lo nega, l’UGL non dimentica mai di sottolinearlo, ma bisogna fare attenzione a credere che le imprese debbano venire sempre prima. Perché, come fotografato nel rapporto Censis-Confcooperative, in Italia si sta impoverendo sempre più il ceto medio – o quello che di esso è rimasto dalle precedenti crisi –, anche in possesso di lavoro e/o di (magari piccola) impresa, e se a suo sostegno non verranno immediatamente e cospicuamente redistribuite risorse, insieme ad un reale alleggerimento della pressione fiscale, presto il mercato interno entrerà in una fase recessiva e anche le grandi imprese ne subiranno le conseguenze.
Che il momento sia di straordinaria gravità lo dimostra anche il fatto che governo uscente e futuro governo stanno collaborando, pur di arrivare al più presto ad altri interventi di sostegno per famiglie e imprese. Può non piacere, ma questi sono tempi straordinariamente difficili e non è più il tempo per nessuno “dell’ognun per sé”.