Procedura sindacale più lunga. La norma nasce per contrastare episodi come quello recente della Wärtsilä di Trieste

Si potrebbe tranquillamente parlare di classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, anche se, è opportuno ricordare, già in passato sono state introdotte diverse norme che, almeno sulla carta, avrebbero dovuto contrastare in maniera efficacia ogni ipotesi di delocalizzazione selvaggia. Comunque sia, il decreto-legge 144/2022 interviene nuovamente sulla materia, soprattutto come reazione a quanto sta accadendo a Trieste, con la multinazionale Wärtsilä che in estate ha annunciato la volontà di chiudere il sito produttivo giuliano, avviando la procedura di licenziamento degli oltre 450 dipendenti. Al netto di quanto successo in tribunale, con il giudice che ha stoppato questa procedura, riportando indietro le lancette dell’orologio, l’articolo 37 del decreto Aiuti ter raddoppia i tempi previsti dalla recente riforma contenuta nella legge di bilancio per l’anno in corso. I tempi per la procedura sindacale in caso di delocalizzazione o di cessione di attività di impresa non in situazione di crisi salgono a 120 giorni, rispetto ai 60 previsti dalla legge 234/2021. In caso di mancato accordo, il contributo di legge è aumentato del 500%; in aggiunta è pure prevista la restituzione di contributi, sussidi ed ogni altro sostegno pubblico percepito nei dieci anni precedenti ed iscritto nel registro degli Aiuti di Stato. La riduzione del personale deve, però, essere superiore al 40% dell’organico in servizio. Proprio per applicare questa norma al caso Wärtsilä, si estende la sua portata anche alle procedure in corso e non concluse.