di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Il ministro degli Interni in carica, Luciana Lamorgese, sta lasciando ai cittadini un “souvenir” finale, rappresentativo della sua conduzione del Viminale, tutt’altro che soddisfacente. L’ultima importante prova affrontata dal ministero consisteva nel conteggio dei voti espressi dai cittadini, per stilare la lista degli eletti nel nuovo Parlamento. E mai come stavolta si sono verificati errori su errori. A ormai quattro giorni dalla chiusura delle urne ancora non è dato sapere chi siano, senza timori di rettifiche, i nuovi deputati e senatori. Caso emblematico, quello dello storico segretario del Carroccio, Umberto Bossi, prima estromesso dalla Camera e poi reinserito, dopo un più attento conteggio delle schede. Un “grosso granchio”, come sintetizzato da un altro leghista, Roberto Calderoli. Il più clamoroso fra gli scivoloni di Lamorgese, ma non certo l’unico: sarebbero una decina i seggi da riassegnare dopo il ricontrollo dei voti. Comunque, secondo il Viminale, le variazioni da fare sarebbero a “saldo zero”, ovvero cambierebbero in alcuni casi i nomi degli eletti, ma il numero totale di esponenti da attribuire ai vari partiti a quanto sembra resterebbe uguale. “Cambiando il numero degli addendi, il risultato non cambia”, per così dire. Il problema nascerebbe dal risultato di +Europa, che ha ottenuto meno del 3%, ma più dell’1%, trovandosi così in una situazione tale da determinare la redistribuzione dei voti. Lo stesso partito di Della Vedova, eletto, e Bonino, non riconfermata, chiede, a riprova della scarsa fiducia riposta nel ministero, un riconteggio dei voti. Un caos che rappresenta solo l’ultimo tassello di un mosaico durato tre anni di gestione Lamorgese. Come dimenticare, infatti, i rave party, tanto clandestini quanto chiaramente individuabili, in periodo di chiusure per Covid di scuole e attività produttive? Oppure anche le manifestazioni anti Green Pass, l’assalto alla Cgil a Roma passato sotto il naso del Viminale, gli idranti usati a Trieste, con il risultato paradossale di imporre alti livelli di repressione senza però al contempo essere in grado di garantire la sicurezza? O anche le cariche della polizia contro gli studenti che protestavano contro l’alternanza scuola-lavoro (ma il liceo Manzoni è stato occupato per la vittoria del Centrodestra alle elezioni)? O i migranti frettolosamente spostati da Lampedusa in caso di visite di politici e media per fare “bella figura” mentre normalmente l’hotspot è stracolmo oltre ogni limite di vivibilità? O infine i casi delle violenze di Capodanno, a Milano e non solo, per quella barbara usanza della cosiddetta Taharrush gamea’, la molestia collettiva contro donne prese di mira dai violenti? Questi i casi più noti di una gestione a dir poco inadeguata. Si dovrebbe discutere, in tema Viminale, delle criticità del presente e del recente passato, più che di “toto-nomi” e polemiche inconsistenti. Chiunque sarà il prossimo ministro, è ora di voltare pagina.