di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Terminata la campagna elettorale, con i suoi toni a volte un po’ troppo accesi, e chiuse le urne, sarebbe ora di tornare ad un dibattito pubblico non solo più pacato, ma, soprattutto, più concreto e costruttivo, data la situazione di grave incertezza in cui si trova il Paese. Certo, l’avanzata della Meloni e di Fratelli d’Italia, quindi della destra – quella che ha un’origine, con tutti i distinguo del caso, nel vecchio Msi, e che adesso è forza trainante della nuova maggioranza scelta dagli elettori – ha provocato un piccolo terremoto nello scenario politico italiano. Era prevedibile: la destra qui da noi non ha mai avuto vita facile, lo sappiamo bene. Eppure nessuno fra gli avversari può contestare la legittima presenza di FdI nel sistema parlamentare italiano, tanto meno la recente vittoria alle elezioni e quindi il diritto-dovere a governare il Paese, sarebbe francamente troppo. Non si placa però l’abitudine a voler delegittimare l’avversario, agitando il solito spauracchio del “pericolo fascismo”. In realtà di rischio ce n’è soprattutto un altro: il “pericolo sfascismo”. Ovvero il tentativo da parte degli sconfitti, la sinistra sia politica che intellettuale uscita a pezzi dalle urne, di risalire la china non facendo una sana opera di autocritica, ma sommergendo il nuovo governo con una valanga di accuse pretestuose, già da prima del suo insediamento, cercando così di boicottarne la stabilità e la durata. Se fare opposizione è un dovere democratico, non lo è affatto rifugiarsi nella critica distruttiva, soprattutto in questa complessa fase storica. Servono serietà e responsabilità. Come ne pretendiamo, da osservatori “di destra”, dai vincitori, che nell’impostare la squadra di governo e nello scegliere le azioni da intraprendere dovranno dimostrare la massima credibilità, specie sapendo di avere molti occhi impietosi, in patria e all’estero, puntati addosso. Ne va del destino del Paese, in un momento nel quale non sono ammessi errori. Nell’anno e mezzo del governo Draghi la buona stima goduta dall’Italia nel mondo è certo dipesa dalle doti e dal curriculum del Premier come dalle misure prese per Pnrr e piano vaccinale, ma non è stato irrilevante il clima generale di sostegno all’operato dell’Esecutivo, nonostante in alcuni casi siano state fatte scelte criticabili. Un clima presente – fino alla crisi finale che ne ha decretato la conclusione – all’interno del governo di unità nazionale come nell’unico partito rimasto fuori dal governo, quello, appunto, della Meloni, che ha scelto di fare un’opposizione responsabile. E presente anche nei mezzi di comunicazione di massa, che hanno sostenuto, più o meno tutti, l’ex presidente della Bce, non solo per i suoi meriti, ma anche nell’interesse del Paese. Difficile che ora accada lo stesso, ma almeno non si passi all’estremo opposto.