Polemiche per le frasi di von der Leyen a due giorni dal voto. Diventano un caso le parole della presidente della Commissione europea: “Vedremo il risultato in Italia, se le cose andranno in una direzione difficile abbiamo degli strumenti”. Il portavoce corregge il tiro

Cosa ha detto realmente ieri la presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, durante il dibattito alla Princeton University, in risposta alla domanda sulle conseguenze di un possibile risultato delle elezioni in Italia a favore del centrodestra? Nell’immediato, cioè ieri, molte testate nazionali hanno tradotto e riportato la notizia, più o meno con la seguente formula: «Vedremo il risultato del voto in Italia…Se le cose andranno in una direzione difficile, abbiamo degli strumenti, come nel caso di Polonia e Ungheria». «Se in Italia va male abbiamo gli strumenti per intervenire? Suona di minaccia e a casa mia… Sono parole disgustose», ha commentato oggi il leader della Lega, Matteo Salvini, a Radio Capital. Qualche testata nazionale ha cercato oggi di correggere o il tiro della von der Leyen o della traduzione, nel senso von der Leyen in realtà avrebbe detto: «Se le cose vanno in una situazione difficile – ho appena parlato di Ungheria e Polonia – abbiamo gli strumenti». Ovvero il riferimento di von der Leyen era verso la Polonia e l’Ungheria e non verso l’Italia e l’oggetto del contendere era lo Stato di diritto. In ogni caso, gli europarlamentari della Lega Marco Zanni (presidente gruppo Id) e Marco Campomenosi (capo delegazione Lega) hanno annunciato la presentazione di un’interrogazione per chiedere chiarezza sulla vicenda: «Che sia intenzionale o uno scivolone, è in ogni caso grave e inaccettabile. La presidente della Commissione Ue chieda scusa e rispetti il voto degli italiani». I sospetti hanno qualche fondamento sia per ragioni storiche e attuali – ovvero il “modello Ursula” con il quale si arrivò ad un governo giallorosso (il Conte bis) che la coppia Renzi-Calenda vorrebbero replicare per riportare Draghi a Palazzo Chigi -, sia perché pochi giorni fa da un viaggio del segretario del Pd, Enrico Letta, è stato lanciato il secondo boomerang contro il centrodestra da parte del presidente dell’Spd, Lars Klingbeil, il quale ha definito il partito di Giorgia Meloni «postfaschistischen», tradendo con enorme chiarezza il “sentiment” di alcune, non tutte, cancellerie europee sulla possibile vittoria della destra domenica prossima. Le ferite sono ancora aperte – e non solo per il centrodestra, evidentemente anche per chi ha tradotto e per i giornali italiani – tanto che il portavoce della Commissione Ue oggi ha dovuto spiegare: «Penso che sia assolutamente chiaro che la presidente von der Leyen non è intervenuta nelle elezioni italiane quando ha parlato di strumenti», ma «ha fatto riferimento a procedure in corso in altri Paesi mettendo in evidenza il ruolo di guardiana dei trattati, specialmente sullo stato di diritto».