Putin all’Occidente: «Abbiamo molte armi per rispondere alle vostre azioni». Gli effetti: il prezzo del gas all’hub di riferimento europeo Ttf è salito a 210 euro (+7%), mentre Brent e Wti balzati (circa 3%) a 92,80 dollari al barile e 85,9 dollari.

Era atteso da ore il suo discorso alla nazione – fissato per martedì sera e in seguito misteriosamente rinviato a stamattina – e alla fine è arrivato, piuttosto dirompente, dispiegando effetti, in primis, economici. I punti principali del discorso di Vladimir Putin, apparso all’improvviso sugli schermi delle Tv di tutto il mondo, sono più o meno i seguenti: «mobilitazione parziale in Russia per difendere il Paese» con il richiamo di 300 mila riservisti, il riferimento al nucleare, il sostegno al referendum promosso nel weekend nei territori ucraini conquistati. Putin non l’ha mandata a dire all’Occidente che accusa di «russuofobia» e di «voler indebolire e smembrare la Russia», dopo aver smembrato a suo tempo l’Urss. Ha avvisato: «Abbiamo molte armi per rispondere alle vostre azioni e questo non è un bluff. Useremo tutti i mezzi militari a nostra disposizione. E chi cerca di ricattarci con le armi nucleari rispondo che dovrebbe sapere che le abbiamo anche noi». Dunque, il presidente russo, diversamente dalla “impressione” che si era lasciato sfuggire ieri a New York il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha sfidato senza mezzi termini l’Occidente. Ha poi annunciato che il Donbass è «parzialmente liberato», che il Luhansk è stato «ripulito dai nazisti» e che «i territori occupati dell’Ucraina che hanno annunciato il referendum per l’adesione alla Russia hanno il nostro pieno sostegno». Referendum promossi dai leader filorussi dei territori ucraini di Luhansk, Kherson, Donetsk e Zaporizhzhia, dove dal 23 al 27 settembre si terrà il voto per l’annessione alla Russia. Una volta passato il “Sì” all’annessione qualsiasi azione bellica all’interno di queste zone sarebbe considerata come un attacco diretto al Cremlino. La mobilitazione russa dei 300 mila riservisti non è cosa da poco: è la prima dalla Seconda Guerra mondiale. Tutto ciò, oltre a provocare immediate reazioni politiche, ha generato immediati riflessi economici. Per le prime, un portavoce della Commissione europea ha commentato: «È un segnale di disperazione su come stia andando la sua aggressione all’Ucraina. Questo è un chiaro segnale che Putin è interessato solo all’escalation e a continuare la sua distruzione che ha causato tante conseguenze negative in tutto il mondo, non solo per l’Ucraina, per le tante atrocità commesse». Dunque, è difficile sottovalutare le parole di Putin e i mercati lo sanno o, quasi, ci vanno a nozze: il prezzo del gas all’hub di riferimento europeo Ttf è salito per il secondo giorno di fila sopra i 200 euro per kilowattora a 210 euro (+7%) e quelli del Brent e Wti sono balzati di quasi il 3% rispettivamente a 92,80 dollari al barile e 85,9 dollari.