Piano Ue energia debole e in ritardo, mentre «fuori la casa brucia». Grande insoddisfazione in Italia, a partire dagli ambienti industriali, verso le misure «temporanee e di emergenza» presentate dalla Commissione Europea

Non un quotidiano qualsiasi, ma Il Sole 24 Ore a firma di Adriana Cerretelli sostiene che «di questo passo in novembre saremo costretti a convocare un vertice europeo straordinario per nazionalizzare in tutta l’Unione produzione e distribuzione di energia: in giro si respira esasperazione per la lentezza delle decisioni a 27». Il fatto è che si nazionalizza o si sta per nazionalizzare in Germania, in Francia e in Belgio. Aggiungendo poi: «Mentre la presidente della Commissione UE pronuncia davanti al Parlamento di Strasburgo il discorso sullo stato dell’Unione, fuori la casa brucia». Così anche il quotidiano La Stampa – di proprietà Gedi al cui vertice siede John Elkann (presidente anche di Stellantis) – scrive con Nathalie Tocci: «Quanto a simboli e visioni pieni voti a Ursula von der Leyen, ma sulle misure concrete, nella tempesta della crisi, potevamo aspettarci qualcosa di più». I Governatori e i Sindaci della Lega che, al di là dello schieramento politico, pur sempre di fatti concreti si occupano, tornano a chiedere «risorse pubbliche e price cap», da una parte, e «stanziamenti mirati e scostamenti», dall’altra. Price cap che, generalizzato o mirato che sia, passa di rinvio in rinvio (30 settembre), nonostante sembrasse essere diventato un cavallo di battaglia di von der Leyen, oltre ad esserlo notoriamente di Mario Draghi e dell’Italia, tra i Paesi più colpiti da un razionamento del gas. Il più volte richiesto, dalle imprese e da Fratelli d’Italia, disaccoppiamento dei prezzi di elettricità e gas, una vera e propria riforma del mercato elettrico, arriverà, se tutto va bene, l’anno prossimo. Come il price cap potrebbe finire in mezzo al fuoco dei veti e degli interessi incrociati. I problemi, però, sono oltre la soglia della porta. Andiamo a vedere le misure nel dettaglio: riduzione della domanda di energia elettrica obbligatoria del 5% nelle ore di punta; tetto al prezzo dell’elettricità prodotta da non gas a 180 euro a megawattora; un contributo di solidarietà del 33% degli extra-profitti dalle aziende Oil&gas. Misure che rischiano di ammazzare l’economia, comunque temporanee, che, a regime, in un anno dovrebbero garantire agli Stati membri ulteriori entrate per 140 miliardi di euro (117 dagli extra-profitti e 25 dal contributo di solidarietà). Fondi che saranno convogliati a famiglie e imprese in difficoltà, ma la quantità di questi aiuti non sarà uniforme in tutti i Paesi, perché, come descrive Il Foglio, la quantità di aiuti dipende dall’impiego di gas nella produzione di energia elettrica: l’Italia ne impiega il 50% a fronte di una media Ue del 20. Nel frattempo, corrono veloci gli aiuti finanziari all’Ucraina (oggi la Bei ha erogato le prime tranche di aiuti da 1,59 miliardi di euro) e le sanzioni a Mosca. Ma restano irrisolti il problema dell’energia e del suo prezzo per gli Stati europei. O almeno per quelli che con l’emergenza non lucrano.