Sindacati molto tiepidi, mentre scende in campo anche il ministro Andrea Orlando

Non accenna a diminuire la polemica intorno al cosiddetto Jobs act, la riforma del lavoro varata a suo tempo dall’allora premier Matteo Renzi, oggi insieme a Carlo Calenda che di quel governo era il ministro dello sviluppo economico. Le parole dell’attuale segretario del Partito democratico, Enrico Letta, sul superamento dei provvedimenti varati nel corso del 2015 ha sicuramente lasciato il segno, contribuendo, se possibile, ad ampliare la distanza fra il centro e il centrosinistra, mai così lontani come in questo momento. Se Renzi è intervenuto sul Quotidiano nazionale per difendere la sua riforma, dalle pagine di Domani è arrivato un durissimo attacco dall’attuale ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, il quale ha parlato di Jobs act come «ultima grande scommessa liberista sul mercato del lavoro», una scommessa che, per Orlando, «era già persa pochi anni dopo l’approvazione». Considerazioni forti che però non trovano conforto nelle parole che Pietro Ichino ha affidato al Foglio. In buona sostanza, il giuslavorista chiede a Letta di chiarire se la volontà di cancellare il Jobs act si estende o meno anche all’Anpal e all’Ispettorato nazionale del lavoro, proprio ad evidenziare la complessità della partita che si sta giocando. Del resto, anche sul fronte sindacale, concentrato sulla questione salario minimo, le parole di Letta sono state accolte in maniera molto tiepida.