Job’s Act: come il PD sconfessa, o almeno ci prova, il PD. Il Nazzareno prova a cancellare un ventennio (il suo) di riformismo

Per rendersi più votabile e per cancellare il nesso evidente tra l’occupazione attuale soprattutto a termine, quindi precaria e instabile, di oggi con una delle più terribili riforme, il Job’s Act, mai realizzate dal cosiddetto “centrosinistra” (che ha mandato, definitivamente, in soffitta l’art.18) e/o per cancellare il ricordo e il passaggio turbolento del precedente segretario, Matteo Renzi, il PD ha escogitato la realizzazione di un “pacchetto lavoro”, che, nelle intenzioni e a parole, dovrebbe ripristinare il mondo del lavoro com’era prima del passaggio dei famigerati riformisti di sinistra.
Il programma del PD, sostiene lo stesso PD, – che così sconfessa se stesso – intende andare «definitivamente oltre il Job’s Act, come anticipato dal segretario Enrico Letta già lo scorso maggio», è scritto in una nota diffusa dai dem. Come? Andando «contro il lavoro povero e precario, sul modello spagnolo: uno stipendio in più a fine anno grazie alla riduzione delle tasse sul lavoro; legge contro i “contratti pirata” – cioè quelli non firmati dalla Cgil – che riconosce il valore legale, valido per tutti, del salario economico stabilito dai contratti collettivi; salario minimo contrattuale contro il lavoro povero (soglia minima definita con parti sociali e in linea con la direttiva Ue: 9 euro l’ora); reddito di cittadinanza riformato anche con l’integrazione al reddito dei lavori poveri (in-work benefit); potenziamento del “Fondo nuove competenze” e del contratto di espansione; rafforzamento dei centri per l’impiego; riforma dell’apprendistato; abolizione degli stage extra-curriculari (eccetto quelli che iniziano a 1 anno dalla conclusione degli studi, che devono essere comunque retribuiti e durare massimo 12 mesi); introduzione della causale all’inizio del rapporto di lavoro per il contratto a tempo determinato; potenziamento dei controlli contro il lavoro nero e sommerso con l’estensione a tutti i settori del Durc, già applicato in edilizia». L’elenco prosegue con la clausola di premialità negli appalti per l’occupazione giovanile e femminile già inserita nel Pnrr, la piena applicazione della legge sul caporalato; legge per l’equo compenso; anticipazione della proposta Ue sui lavoratori delle piattaforme online; promozione dello smartworking e di progetti di riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. E chi più ne ha più ne Letta.
La domanda, del tutto legittima ma senza risposta, da fare è perché, essendo stati e persino con “azioni di forza” al governo, dovrebbero riuscire adesso a migliorare il mercato o il mondo del lavoro, da loro stessi precarizzato fin dal lontano 1997 con il famigerato “Pacchetto Treu”.