di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

La pubblicazione in gazzetta ufficiale del decreto legislativo 104/2022, il cosiddetto decreto Trasparenza, è stata accompagnata da una forte dose di polemica, soprattutto da parte dei consulenti del lavoro, i quali lamentano un appesantimento burocratico. Per determinati settori e mansioni, i consulenti del lavoro stimano che il datore di lavoro debba consegnare al proprio dipendente qualche decina di pagine di documentazione, tanto lavoro in più, proprio mentre le imprese chiedono di semplificare il quadro per poter assumere. Si tratta di considerazioni che hanno una loro valenza: anche noi abbiamo spesso insistito sulla sostanza più che sulla forma, soprattutto quando serve per assumere personale. Dopo la pubblicazione del provvedimento, è, però, intervenuto l’Ispettorato nazionale del lavoro, fornendo degli opportuni chiarimenti sulla applicazione delle nuove norme e sulla portata del sistema sanzionatorio, probabilmente la prima preoccupazione dei consulenti del lavoro, visto che le relative multe possono anche essere molto salate. Superato questo scoglio e capito, ad esempio, che tutta la documentazione può essere inviata anche in forma telematica, è comunque opportuna una valutazione complessiva dell’atto che recepisce una direttiva comunitaria nel nostro Paese. Come capita sovente, diverse disposizioni contenute nei diciassette articoli sono già presenti nel nostro ordinamento, a partire proprio dalle informazioni che il datore di lavoro è tenuto a fornire al proprio dipendente. Ciò che da noi già accade, non succede allo stesso modo in tanti altri Paesi europei, per cui è importante un allineamento delle norme a tutela del lavoratore per evitare ogni discriminazione.