Chissà quanto ci saranno rimasti male le sponenti e gli esponenti del Partito Democratico italiano di fronte alle parole, interessanti e controverse, dell’ex candidata democratica alla presidenza USA nel 2016, disarcionata poi dall’altro candidato democratico, Barack Obama. Ospite al Festival del Cinema di Venezia, kermesse da sempre “democratica”, in un colloquio con il Corriere della Sera, alla domanda sulla possibilità che alle prossime elezioni in Italia possa vincere la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha risposto: «L’elezione della prima premier in un Paese rappresenta sempre una rottura col passato, ed è sicuramente una buona cosa», aggiungendo poi una frase assolutamente ovvia, che per onestà intellettuale, va qui riportata: «Però poi, come per ogni leader, donna o uomo, deve essere giudicata per quello che fa». Nella lista delle donne che per Clinton sono esempi positivi di leadership femminile, alla quale la stessa Hillary crede molto, ci sono Sanna Marin, primo ministro (social democratico) finlandese, e Jacinda Adern, primo ministro (laburista) della Nuova Zelanda, ma «non sono mai stata d’accordo con Margaret Thatcher – e nemmeno noi a riprova del fatto che le categorie “destra” e “sinistra” sono molto più complesse di quello che si lascia spesso intendere – ma ho ammirato la sua determinazione».
Clinton afferma poi con convinzione che le donne di destra sono molto più supportare dal loro partiti rispetto a quanto accade con quelli di sinistra. La ragione di questa sua convinzione può non essere condivisibile – «vengono protette dal patriarcato perché spesso sono le prime a supportare i pilastri fondamentali del potere maschile e del privilegio. Oggi in America le leader di destra sono contro l’aborto, molto in favore delle armi» – ma, implicitamente, dimostra di considerare i partiti, e gli uomini, democratici – e di sinistra – non meno maschilisti e patriarcali di quelli di destra.
Se non vogliamo, per cautela, considerare quello di Hillary Clinton come un endorsement verso Giorgia Meloni, è quanto meno una lezione di fair play rivolta, soprattutto, agli uomini e alle donne, nonché parlamentari, del Partito Democratico italiano che, ancorché comprensibilmente perché in campagna elettorale, spargono giudizi e parole al veleno nei confronti della loro più temibile avversaria, Giorgia Meloni, proprio perché prima donna in Italia a poter aspirare a diventare Presidente del Consiglio, cosa mai accaduta prima. Solo per aver detto di voler abolire le quote rosa è stata ricoperta da una serie di critiche, tra cui la «volgarità» o il tentativo, attribuito storicamente alla destra, di volere tentare un «ritorno al passato», proprio a lei, possibile futuro premier.
Da Hillary Clinton una vera lezione di fair play e di democrazia.

di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL