di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Sì, va bene: i disoccupati a luglio sono diminuiti di 32mila unità rispetto al mese di giugno, scendendo sotto quota 2 milioni e, precisamente, a 1 milione 978mila. L’Istat, nei dati provvisori di luglio 2022 su «occupati e disoccupati», ha sottolineato che si era scesi sotto i 2 milioni di persone in cerca di lavoro nei due mesi di lockdown all’inizio della pandemia (marzo e aprile 2020). Un numero così basso, al di là della pandemia, quando le persone avevano in gran parte rinunciato a cercare lavoro, non si vedeva da aprile 2011. Ma è altrettanto vero che, sempre nel mese di luglio, sia il tasso di occupazione (60,3%) sia quello di disoccupazione (7,9%) sono in calo, mentre è in crescita il tasso di inattività al 34,4% rispetto a luglio 2021. Non solo, l’incremento di oltre 460mila occupati, rispetto a luglio 2021 che porta il tasso di occupazione ad aumentare di 1,6 punti, determinato prevalentemente dai lavoratori dipendenti (oltre 18 milioni 200 mila), vede la componente dei contratti a termine raggiungere il valore più alto dal 1977, primo anno della serie storica, toccando quota 3.166.000 unità.
Che “qualcosa” non va, è molto evidente e, altrettanto, che in questa situazione, aggravata da un tasso record di inflazione, grandi miglioramenti non potranno verificarsi o, al massimo, si potranno ampliare ulteriormente soltanto le storture del mercato del lavoro italiano. In primis, l’instabilità, la transitorietà del lavoro.
Anche per questo va lanciato un alert sullo stallo del Gol (il programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori), il più importante piano di rilancio delle politiche attive per il nostro Paese previsto dal Pnrr, a sostegno del quale sono stati stanziati 5 miliardi di euro. Come rilevato da il Sole 24 Ore, è emerso che i cosiddetti “presi in carico” sono soltanto 100mila, poco più del 30% del target fissato con l’Ue. L’obiettivo concordato prevedeva il coinvolgimento, entro dicembre 2022, di 300mila beneficiari in percorsi predefiniti. Tra le cause: il mancato coordinamento fra Anpal e Centri per l’impiego, la farraginosità degli iter amministrativi che scoraggia l’ingresso dei privati, i ritardi delle Regioni nella predisposizione dei bandi e la mancanza di modelli di organizzazione del mercato del lavoro a livello territoriale.
È fondamentale che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, e il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, intervengano presto per accelerare l’attuazione del programma e assicurare l’effettivo utilizzo delle risorse, individuando criteri uniformi per garantire l’omogeneità dei servizi per il lavoro dal Nord al Sud Italia, così come semplificare la mole di adempimenti burocratici che ostacola il raggiungimento dell’obiettivo, ovvero il reinserimento lavorativo, la riqualificazione e la ricollocazione di 3 milioni di lavoratori entro il 2025, e contribuire così a ad una crescita, solida e stabile, dell’occupazione in Italia.