di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Diversi quotidiani oggi testimoniano le difficoltà delle imprese a causa dell’aumento dei costi dell’energia e le ripercussioni sui lavoratori di questa situazione, dal Secolo XIX al Giornale di Sicilia a La Stampa, che descrivono singoli casi di aziende in crisi. Il costo della bolletta energetica per l’industria manifatturiera è passato da 11 a 60 miliardi, ma, oltre naturalmente alle attività produttive energivore, anche tutte le altre soffrono un aumento delle spese per le utenze che si sta facendo insostenibile. E tutto questo non può che causare, se non la chiusura tout court delle imprese stesse, quantomeno una riduzione della produzione per cercare di contenere i costi. Già ci sono segnali preoccupanti dal punto di vista dell’aumento del ricorso alla cassa integrazione straordinaria. L’Inps ha reso noto che, tra gennaio e luglio 2022, la la Cigs è cresciuta del 45,65% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con i massimi toccati a giugno, con un +49,8%. Esaminando la situazione per settori produttivi, gli aumenti hanno interessato soprattutto il commercio con un +103,62%, poi l’industria con una crescita del 35,81% e l’edilizia con un +34,88%. A determinare questa situazione, il caro energia e l’inflazione e l’aumento dei costi delle materie prime. E si teme concretamente un peggioramento dello stato delle cose nel prossimo autunno. Il governo, pur in fase di amministrazione ordinaria date le imminenti elezioni, studia una proroga dell’ammortizzatore sociale, almeno per i settori maggiormente colpiti dalla crisi energetica ed inflazionistica. Ma il tema va affrontato strutturalmente, anche perché, se non saranno prese misure incisive, non è esclusa neanche la possibilità di dover predisporre nei prossimi mesi razionamenti del gas e chiusure parziali per le attività, nuovi lockdown stavolta non determinati da ragioni sanitarie, ma energetiche, dovendo così stabilire quali settori dovrebbero ridurre o interrompere le proprie attività, con le inevitabili conseguenze in termini economici ed occupazionali e con anche la necessità di predisporre possibili ristori. «Non possiamo farci trovare impreparati in caso di necessità. Una necessità che inciderà sul Paese, sui posti di lavoro e quindi sul reddito delle famiglie. Il governo Draghi può e deve occuparsi di questi temi perché sono l’emergenza prioritaria nazionale», questo l’allarme lanciato dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Si continua a parlare di un tetto al prezzo del gas e fra le proposte dei big politici per affrontare il problema, sempre più pressante, c’è quella di un tetto nazionale per Letta, di un limite stabilito, invece, a livello europeo per Meloni. Serve una soluzione in tempi rapidi per disinnescare quella che si preannuncia come una vera e propria bomba economica e sociale.