Gravina pensa ad una modifica sulla lista dei 25. Ma il decreto crescita non aiuta i calciatori italiani

Il calcio italiano scarseggia di calciatori italiani. O meglio: non offre loro dello spazio. Lo conferma il dato delle prime due giornate di Serie A, durante le quali soltanto il 31% dei titolari era un possibile convocabile dal commissario tecnico degli Azzurri, Roberto Mancini, poiché in possesso della cittadinanza italiana. Una percentuale che potrebbe spiegare anche il fallimento della mancata qualificazione ai prossimi Mondiali di calcio, in Qatar. Pochissimi gli attaccanti: solo otto, quattro dei quali over 30. Dato che deve far riflettere e sul quale il presidente della Federazione italiana giuoco calcio, Gabriele Gravina, sta pensando per apportare nuove modifiche: «Dobbiamo pensare alla lista dei 25 che non sta dando frutti, dobbiamo metterci mano», ha dichiarato il numero uno della Federcalcio. Gravina ha fatto riferimento all’elenco che i club devono consegnare prima del via del campionato: una lista (regola introdotta dalla stagione 2016/2017) di 25 giocatori nella quale devono esserci quattro giocatori provenienti dal vivaio del club e altri quattro dal settore giovanile di un altro club nazionale. Insomma, su 25 solo otto che vengono da un vivaio italiano, ma senza una regola precisa per un numero limitato di giocatori italiani: ergo se uno straniero è cresciuto nel settore giovanile italiano può far parte di quegli otto calciatori ed è proprio per questo che anche nei campionati allievi e primavera si vedono così tanti stranieri. Il sindacato calciatori ha suggerito di ampliare l’attuale 4+4 a 5+5 per arrivare poi ad un 6+6. La prima modifica potrebbe arrivare già dalla prossima stagione, con la speranza che il calcio italiano possa avere nuovamente dei campioni che possano portare la nostra nazionale a partecipare ai prossimi Mondiali. Ma bisogna rivedere anche qualcosa sul decreto crescita nel calcio, dato che attualmente favorisce solo l’arrivo di calciatori stranieri o che non sono stati residenti in Italia negli ultimi due anni, a fronte di una tassazione sul reddito che è pari al 25% anziché 45%. Un decreto che era stato pensato per consentire il ritorno degli italiani ma che nel calcio sta aprendo le porte all’arrivo di calciatori stranieri.