La ricetta della leader di FdI nell’intervento al Meeting di Rimini: «Il salario minimo non è la soluzione». Salvini: «Detassare straordinari, togliere rdc, flat tax e riforma delle pensioni»

Chiuse le liste, la campagna elettorale entra (davvero) nel vivo. E il palco del Meeting di Rimini, la kermesse di Comunione e Liberazione, è stato oggi la cornice di un primo confronto tra leader ed esponenti politici (Meloni, Salvini, Tajani, Lupi, Letta, Di Maio e Rosato). Tanti i temi trattati: lavoro, istruzione, reddito cittadinanza, crisi energetica. Un’occasione, insomma, per rimarcare i punti salienti dei programmi elettorali. Quello del lavoro, naturalmente, uno degli argomenti ritenuti più importanti. Con «il salario minimo non si risolve» il problema del lavoro – è il parere della leader di FdI, Giorgia Meloni, accolta da numerosi applausi da parte della platea – perché «gran parte dei posti di lavoro è normato dai contratti collettivi. Il problema dei salari è un altro e su questo sono d’accordo con Letta», ovvero la soluzione sarebbe «abbassare la tassazione sul lavoro», per cui «dobbiamo parlare del tema del cuneo fiscale». Per il leader della Lega, Matteo Salvini, sono quattro le proposte: «Detassare gli straordinari, togliere il reddito di cittadinanza, flat tax e riforma delle pensioni, azzerando definitivamente la legge Fornero, approvando con i sindacati quota 41, con la facoltà di scegliere per milioni di lavoratrici e lavoratori». Il coordinatore di FI, Antonio Tajani, ha attaccato il reddito di cittadinanza: «In troppi potendo godere di questi soldi chiedono di lavorare solo in nero. Non sono giusti 1.200 euro mensili in questo modo, cifre più alte di un poliziotto o di un insegnante. Il principio è completamente sbagliato. Chi può deve lavorare, chi non può deve avere i sostegni adeguati». Di rdc ha parlato anche Luigi Di Maio, osservando che «i centri per l’impiego hanno fallito, il sistema va completamente rivisto. Argomento che però, come per i comparti aziendali e industriali, va affrontato a livello europeo, come i salari equi». Sia Meloni che Salvini hanno poi concordato sulla necessità di una riforma della scuola. «La scuola italiana è diventata una macchina di diseguaglianza», ha chiosato al riguardo Meloni. «Chi ha più possibilità avrà una formazione migliore, il mito progressista dell’uguaglianza ha finito per favorire chi aveva di più. Uguaglianza e merito sono fratelli». Ma – a parità di condizioni di partenza – «se io dimostro più di un altro il mio valore deve essere riconosciuto. Concretamente serve un sistema serissimo di borse di studio». Poi ha ribadito: «Penso che serva reintrodurre i voti nella scuola primaria e valorizzare l’esame di maturità, cioè credo nel valore anche del giudizio. Penso che serva più sport per tutti, credo sia un grande volano per corretti stili di vita». Secondo Salvini la scuola andrebbe «avvicinata per programmi e organizzazione al mondo del lavoro. Fino a questo momento sono stati due mondi troppo lontani, invece la formazione tecnica, come quella universitaria, sono fondamentali». «In cinque anni i nostri insegnanti saranno pagati come la media europea. Questo è ciò che prevediamo per il nostro programma per la prossima legislatura. Un impegno importante che ci siamo presi tutti. Poi porterei l’obbligo scolastico fino alla maturità. Estenderei il programma Erasmus anche alle scuole superiori, pagato dal sistema complessivo, non a carico delle famiglie», la ricetta invece del segretario dem Enrico Letta. Quanto all’energia Meloni ha affermato di essere «favorevole al price cap per il gas al livello europeo, ma attenzione a farlo al livello italiano: a meno che non si decida di nazionalizzare le imprese». Salvini: «Serve energia pulita e in questo momento occorre anche il nucleare».