di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Nell’ottica di contribuire con proposte concrete alla campagna elettorale in corso, affinché la politica, chiunque vinca, metta in atto misure utili al Paese, oggi l’intenzione è quella di focalizzare l’attenzione su un tema purtroppo sempreverde, ovvero la “questione meridionale”. Il Mezzogiorno, già gravato da criticità preesistenti, ha subito, come del resto era prevedibile, ancor più di altre aree gli effetti della crisi economico-sociale generata dalla pandemia ed ora si trova ad affrontare con minori mezzi a disposizione i nuovi problemi che affliggono l’Italia: la crisi energetica e l’inflazione alle stelle. A confermare la necessità di intervenire presto e bene, le anticipazioni del nuovo Rapporto Svimez. La ripresa post-Covid ed il Pil al Sud arrancano. Nel 2022 si prevede su scala nazionale una crescita media del Prodotto interno lordo del 3,4%, ma nel Mezzogiorno l’aumento dovrebbe fermarsi al 2,8%, con previsioni ancora peggiori per l’anno seguente: nel 2023 all’incremento previsto dell’1,7% nelle regioni centrosettentrionali dovrebbe corrisponderne uno del solo 0,9% nel Sud. Il recupero è quindi più difficoltoso. L’occupazione è tornata più o meno simile per quantità a quella pre-pandemica, ma con una maggiore presenza di posizioni precarie rispetto ai posti stabili. L’effetto della crisi Ucraina è maggiore nel Mezzogiorno che nelle altre aree del Paese, l’inflazione più alta e l’effetto sulla compressione dei consumi più evidente. Vengono poi sottolineate gravi problematiche per l’attuazione del Pnrr: «Se gli enti locali del Mezzogiorno non dovessero invertire il trend e rendere più efficiente la macchina burocratica avrebbero dei tempi estremamente stretti per portare a conclusione le opere nel rispetto del termine ultimo di rendicontazione fissato per il 2026». Tutto questo perché, come calcolato dalla stessa Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno, nel Sud gli Enti Locali, per realizzare le infrastrutture stabilite con il Pnrr, impiegano in media 450 giorni in più rispetto alle amministrazioni del Centro Nord. Sono dati che preoccupano e non poco. La pandemia, l’impatto della guerra in Ucraina, i rischi di instabilità politica si sommano alle storiche fragilità strutturali delle regioni meridionali acuendo ulteriormente il divario con il Centro-Nord. Serve un piano per il Sud. Per invertire questa tendenza è fondamentale investire sulle politiche attive del lavoro e sugli investimenti infrastrutturali, impiegando le risorse stanziate dal Pnrr per rilanciare lo sviluppo del Mezzogiorno e rafforzare la coesione nazionale. Anche questo, come altri, è un tema trasversale che deve impegnare tutte le forze politiche italiane, che hanno il dovere di individuare soluzioni adeguate per garantire pari opportunità economiche e sociali su tutto il territorio nazionale.