Draghi reitera le dimissioni: al via le ipotesi su data delle elezioni, alleanze e liste. La convocazione delle urne si deve situare tra i 60 e i 70 giorni dallo scioglimento delle Camere

18 settembre: circolava già questa data come ipotesi per le prossime elezioni, ma improbabile. Un’ora e mezza dopo l’arrivo di Mario Draghi al Colle, dove non ha potuto fare altro che reiterare le dimissioni proprie e del governo davanti al Capo dello Stato, che ne ha dovuto prendere atto, già si parlava di elezioni su agenzie di stampa e quotidiani. I paletti per decidere la data sono molto stretti, indicati dalla Costituzione e dalle leggi ordinarie: la convocazione delle urne si deve situare tra i 60 e i 70 giorni dallo scioglimento delle Camere. In sostanza, se Mattarella sciogliesse oggi le Camere, si voterebbe il 25 settembre, vigilia del Capodanno ebraico (Rosh haShanah) e sulla quale l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ha già dato tempestivamente il suo “via libera”. Sarà adesso tutto più chiaro? Non proprio: c’è il rebus delle alleanze e soprattutto delle liste, visto il poderoso taglio del numero dei parlamentari. Come riportano quotidiani e agenzie, in molti in Parlamento si sentono già «disoccupati». Secondo alcune indiscrezioni, sarebbe già partito nel M5s il tam tam che a comporre le liste sarà Conte in autonomia, senza accordo con Beppe Grillo e senza alcuna consultazione sulla rete. Magari sperando di frenare, con il suo attivismo, la seconda ascesa di Virginia Raggi o di Alessandro Di Battista alla guida di ciò che resta dei pentastellati, che, nonostante quanto riportavano i giornali, non si sono (ancora) ulteriormente scissi. Inoltre, il Movimento guarda ancora al Pd per le alleanze. Enrico Letta, però, rimanda ai prossimi giorni qualsiasi decisione e avverte: «I fatti di ieri hanno sconvolto i rapporti tra i partiti e i cittadini, nulla può essere più collegato ai vecchi schemi». Nel frattempo, Italia Viva di Matteo Renzi e altri partiti, piccoli, che hanno sostenuto “l’agenda Draghi” lanciano segnali l’un l’altro di compattezza, che però fino ad oggi non c’è mai stata. Fra cui l’ex ministro Luigi Di Maio che, con il suo appena nato “Insieme per il futuro”, che da stamattina lancia appelli senza risposte, per adesso. Il “patto elettorale” del centrodestra tutto, non solo quello di governo, in cui quindi vanno compresi non solo Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, ma anche l’Udc e Noi per l’Italia, non sarà scevro da condizioni e discussioni, anche per ciò che riguarda i collegi uninominali. Nel frattempo, Giovanni Toti con Italia al Centro va nella direzione opposta a quella di FdI, Lega e Forza Italia, con quest’ultima che perde oggi altri due pezzi: dopo Maria Stella Gelmini, anche Renato Brunetta e Andrea Cangini. A che cosa daranno vita i tre: ad un soggetto nuovo o entreranno nelle fila di uno già esistente? Il rebus, più che sciogliersi, si infittisce.