Il fattore orario. Il 23% dei lavoratori guadagna meno del reddito di cittadinanza, 780 euro mensili

Per il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, «la crisi ha lasciato strappi vistosi nella distribuzione dei redditi lavorativi». Una affermazione che abbiamo sentito spesso in questi mesi, caratterizzati prima dal Covid-19 e poi dalla guerra russo-ucraina. Numeri alla mano, però, l’Inps quantifica questa differente distribuzione. «Se si considerano i valori soglia del primo e dell’ultimo decile nella distribuzione delle retribuzioni dei dipendenti a tempo pieno e pienamente occupati, per operai e impiegati (escludendo dirigenti, quadri e apprendisti) – spiega Tridico -, emerge che il 10% dei dipendenti a tempo pieno di tale insieme guadagna meno di 1.495 euro, il 50% meno di 2.058 euro e solo il 10% ha livelli retributivi superiori a 3.399 euro lordi». Un contesto che finisce per penalizzare soprattutto le donne, la cui retribuzione media è inferiore del 25% rispetto a quella degli uomini. Il 23% dei lavoratori dipendenti guadagna meno di 780 euro al mese, soglia prevista per il reddito di cittadinanza, un ulteriore elemento di forte riflessione. Del resto, se è vero che aumentano gli occupati, è pur vero che larga parte dei nuovi lavoratori è impiegato «per un numero ridotto di ore». Lasciando il ruolo di tecnico per entrare in un campo più strettamente politico, il presidente dell’Inps sostiene che la diseguaglianza nei redditi «origina anche dal moltiplicarsi delle forme contrattuali», espressione con la quale Tridico intende indicare i contratti collettivi di lavoro.