Pur avendo ottenuto la fiducia al Senato sul dl Aiuti, anche senza il sostegno del M5s, il premier è stato ricevuto dal capo dello Stato

Quella che si preannunciava come una lunga giornata politica ha rispettato le attese. Come annunciato ieri sera dal presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, in una conferenza stampa che aveva sciolto ogni dubbio, i senatori del M5s non hanno partecipato al voto la fiducia sul dl Aiuti, che contiene diverse misure in sostegno a famiglie e imprese, oltre alla norma sul termo-valorizzatore di Roma, al centro delle tensioni, aprendo tecnicamente una crisi di governo. Quando ormai era chiara la condotta del M5s e le votazioni erano ancora in corso, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, è salito al Quirinale per essere ricevuto dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, al quale adesso spetta il compito di decidere sul da farsi. Uscendo dall’Aula al momento del voto, il M5s ha sfiduciato de facto il governo. Che, secondo il premier, non può contare su una maggioranza orfana dal Movimento 5 stelle. Inutile il tentativo in extremis del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, che ha suggerito di togliere la fiducia, assicurando l’approvazione del testo entro la scadenza, fissata al 16 luglio, votando punto per punto. Il governo ha confermato la questione di fiducia, poi approvata da Palazzo Madama con 172 voti a favore, a conferma che una maggioranza c’è, anche senza il M5s. «Non condividiamo né merito né metodo», ha detto la capogruppo del M5s, Mariolina Castellone, motivando all’Aula del Senato la decisione del movimento di non votare la fiducia e criticando la condotta degli alleati di maggioranza: «Abbiamo cercato un confronto serio su tutti i temi, ma non è stato questo l’atteggiamento delle forze politiche di maggioranza che ci hanno attaccato in tutti i modi indifferenti alle nostre richieste». Critici verso la decisione del M5s, il resto dei partiti maggioranza. Forza Italia, Italia viva hanno chiesto a Draghi di proseguire con l’esperienza di governo, pur con il sostegno di una maggioranza diversa. Questa invece la posizione del Partito democratico sintetizzata dal segretario Enrico Letta: «Siamo disponibili a una continuazione di questo governo Draghi, non siamo disponibili a tirare avanti chicchessia: se non ci saranno le condizioni, se altri partiti della maggioranza si sfileranno, allora la parola passerà agli italiani». Ieri il leader della Lega, Matteo Salvini, aveva aperto invece ad uno scenario fino a poco prima escluso: se il M5s non vota la fiducia, si va alle urne. Sibillino, però, un altro esponente di spicco leghista, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti: «Esecutivo finito? Ci sono i tempi supplementari…», ha detto, senza aggiungere altro. Dall’opposizione, Fratelli d’Italia ha chiesto di tornare al voto.