di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Il mercato o, meglio, il mondo del lavoro italiano rischia di vedersi recapitare l’ennesimo provvedimento dannoso che non merita: una legge sul salario minimo. Poiché oggi la commissione Lavoro (Empl) del Parlamento Ue ha approvato l’accordo provvisorio sulla direttiva sui salari minimi adeguati nell’Unione europea – il voto finale in plenaria si terrà soltanto a settembre –, rappresentanti del M5s e Leu ne hanno approfittato per sostenere che «l’Europa è sulla strada giusta» e che «adesso tocca all’Italia». Addirittura, si vuol far passare che «non è una questione di bandiera di partito, ma di esigenza assoluta del Paese». Dimostrando, prima di tutto, di non conoscere affatto il Paese: in Italia, diversamente da quello che accade in tanti Paesi d’Europa, la contrattazione è molto praticata, visto che coinvolge circa il 90% dei settori lavorativi, e questo rende inutile il salario minimo. La triste verità è che il salario minimo viene usato come arma per fare pressione su un governo, quello di unità nazionale, che tanti sforzi “di convergenza” ha comportato soprattutto per i partiti del centro destra, probabilmente avviato verso il capolinea. Per questioni di principio? No, per le smanie dell’ex premier, Giuseppe Conte, alla guida di un Movimento in cerca di autore. Tutto ciò mentre l’inflazione galoppa, i contagi aumentano, il mercato interno sta entrando in un assetto da economia di guerra, dove addirittura si arriva a parlare di razionamento del gas. I primi a pagare le conseguenze di questa situazione sono le lavoratrici e i lavoratori, le famiglie, anche i pensionati, proprio quelli che i suddetti partiti sostengono di voler tutelare.
Noi dell’UGL oggi diciamo al governo che urgono misure strutturali per far fronte all’emergenza bollette e all’aumento dell’inflazione a sostegno di lavoratori e imprese. Non attraverso il salario minimo, ma attraverso un taglio consistente del cuneo fiscale. Per far ripartire il Paese e scongiurare lo spettro della recessione, non c’è altra via che rafforzare il potere d’acquisto dei lavoratori e rilanciare i consumi. Il problema del lavoro povero, un problema che assilla anche l’UGL, non si risolve con una legge sul salario minimo, ma rafforzando i contratti collettivi nazionali, strumento principale per implementare le tutele a favore dei lavoratori. Ecco perché, rivolgiamo nuovamente a tutti gli attori sociali e politici l’appello a sottoscrivere un “Patto per il lavoro e lo sviluppo”, mirato ad accompagnare il processo di ripresa grazie alle risorse del Pnrr. Chiediamo al Governo di riaprire il tavolo della contrattazione per discutere di un nuovo modello di relazioni industriali, fondato sull’art. 46 della Costituzione che prevede la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese.
In questa fase il Paese non ha bisogno di scontri ideologici ma di responsabilità.