Difficile, allo stato attuale, prevedere una riforma destinata a durare nel tempo

Il messaggio che arriva dal presidente dell’Inps, Paquale Tridico, è netto: «Con il venir meno di Quota 102 dal 1° gennaio 2023, per la generalità dei lavoratori appartenenti al sistema ex-retributivo o misto la possibilità di uscita è di fatto limitata ai requisiti ordinari per la pensione di vecchiaia o anticipata; rimane quindi la necessità di poter offrire maggiore libertà di scelta ai cittadini sul momento in cui vogliono andare in pensione». Al numero uno dell’Istituto previdenziale pubblico, che, ancora una volta, interpreta il suo ruolo più da politico che da tecnico, ha risposto a stretto giro il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, secondo il quale Opzione donna e Ape sociale andranno rinnovate alla loro scadenza del 31 dicembre. Comincia quindi a delinearsi quello che potrebbe essere lo scenario che Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confindustria e le altre parti sociali saranno chiamate a discutere dopo la breve pausa estiva e in vista della legge di bilancio. Allo stato dell’arte, appare molto difficile una riforma previdenziale complessiva, utile per i sindacati a dare stabilità al sistema; decisamente più abbordabile l’ipotesi di interventi minimali, come appunto la proroga di quanto già in campo, compresa Quota 102, rimandando il tutto al prossimo esecutivo che uscirà dalle elezioni politiche che si terranno al più tardi nella prossima primavera.