di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

La guerra in Ucraina, fra le sue varie conseguenze, ha anche ammorbidito i rapporti tra il nostro Premier e il presidente turco Erdogan, entrambi rappresentanti di Nazioni dell’Alleanza Atlantica ed ora impegnati per la risoluzione del conflitto. Sono in atto, infatti, tentativi di collaborazione fra Italia e Turchia, ad esempio sul fronte della stabilizzazione della Libia e sulla gestione delle ondate migratorie verso l’Europa, con la possibilità di un meccanismo congiunto per il controllo del Mediterraneo. In occasione della sua visita ad Ankara il nostro Primo Ministro ha espresso parole importati sul tema: “La gestione dell’immigrazione deve essere umana, equa ed efficace. Noi cerchiamo di salvare i migranti, l’Italia è il Paese più aperto. Ma non si può essere aperti senza limiti. A un certo punto il Paese che accoglie non ce la fa più: è un punto che poniamo in Ue. Anche noi abbiamo dei limiti e ora li stiamo affrontando, ci stiamo arrivati”. Concetti forti, specie per un leader moderato, un tecnico come Mario Draghi, non certo portatore di visioni ideologiche sulla questione e che dimostrano quanto la situazione sia grave e preoccupante per l’Italia. Parole che chiariscono innanzitutto come il nostro, bando al solito anti-italianismo di alcuni connazionali, sia effettivamente lo Stato che più di ogni altro si è dimostrato accogliente nei confronti dei migranti, togliendo ogni argomento ai soliti noti che accusano l’Italia di non fare abbastanza e gli italiani di non essere sufficientemente solidali: la realtà è esattamente all’opposto. Ed anche affermazioni che pongono in modo perentorio una problema finora rimosso dalla sinistra italiana: quello di stabilire un limite ai flussi costanti. Un puro e semplice limite numerico alla capacità di accoglienza. Sulla base di evidenze di tipo logistico, economico, sociale. Un limite che, fra l’altro, secondo Draghi – non Salvini né la Meloni – è stato già raggiunto. Complici anche le crisi continue che stanno affliggendo il Paese, tra Covid, guerra e aumenti dei costi delle materie prime, che certamente hanno reso le nostre risorse sempre più limitate. Un appello, quello lanciato da Draghi, a fronte dei quasi 30mila già sbarcati quest’anno sulle nostre coste, con numeri in aumento costante rispetto agli anni passati, che non può essere ignorato. Né a livello nazionale, con un impegno a contenere il fenomeno che finalmente dovrebbe diventare bipartisan, né a livello europeo, con i meccanismi di redistribuzione e rimpatrio da rendere efficaci, né a livello internazionale, attraverso una concreta collaborazione con i Paesi di partenza, fra cui la Libia, dove la presenza turca ha un peso importante e le parole pronunciate da Draghi ad Ankara non sono certo casuali. Prima che la situazione diventi insostenibile, servono azioni concrete ed urgenti.