di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

L’inflazione è alle stelle, all’8%, un livello che in Italia non si raggiungeva dal lontanissimo – non solo temporalmente, ma anche dal punto di vista sociopolitico – 1986. Un’impennata arrivata dopo due anni di pandemia, nell’auspicio, fra l’altro, che si possa considerare veramente terminata, almeno nella forma nella quale l’abbiamo conosciuta finora, sia in termini sanitari che di restrizioni socio-economiche, e nel “bel mezzo” di due guerre, quella “guerreggiata” tra Ucraina e Russia e l’altra economica, fra sanzioni, crisi energetica ed alimentare. Col nostro Paese colpito duramente da questa tempesta perfetta. Oggi, in un’interessante intervista su La Repubblica, il presidente del Censis, il sociologo Giuseppe De Rita, ha commentato la realtà che sta vivendo la società italiana descrivendo i possibili scenari per il prossimo futuro. Ricordando quanto accadde negli anni Settanta e Ottanta, non possiamo certo dire che questa sia la prima volta che l’Italia si trova ad affrontare un’impennata inflazionistica. Molte cose, però, sono profondamente diverse rispetto ad allora: il mondo del lavoro è cambiato, condizionato da una globalizzazione che ha trasformato completamente il sistema produttivo italiano. Tuttavia, a parere di De Rita, i possibili effetti del carovita, positivi o negativi, dipenderanno, più che da questi pur fondamentali fattori, dall’approccio con il quale gli italiani affronteranno la situazione, quindi anche da variabili di psicologia sociale. In sostanza, in quegli anni, oltre certamente a diversi meccanismi di difesa dei salari, era diffusa quella che il sociologo ha definito “voglia di vincere”, di ritagliarsi, cioè, un posto al sole a costo anche di duro lavoro, sacrifici, quindi risparmi e investimenti, cercando di trasformare, come da proverbio, la crisi in opportunità. Un fervore che è difficile trovare nell’Italia di oggi, che, messa alle strette, si trova di fronte a un bivio: darsi da fare come negli anni passati, oppure adattarsi ad un tenore di vita via via sempre più basso, un po’ come la famosa rana bollita, sperando di non peggiorare fino a fare la stessa fine del povero anfibio. Se neanche il professor De Rita può avere al momento una risposta su come effettivamente andranno le cose, riservandosi ancora qualche mese di studio prima di formulare una previsione, qualcosa, però, può essere già detto: nell’aiutare la società ad incamminarsi verso una strada piuttosto che verso l’altra un ruolo importante potrebbe averlo non certo la tecnica, con gli economisti, deus ex machina degli ultimi anni, protagonisti di sviste continue, compresa l’ultima proprio sull’inflazione, ma la politica, una politica sana di valori e idealità, di cui abbiamo estremo bisogno e che in quegli anni ‘70 e ‘80 era elemento distintivo, fra gli altri già citati, della nostra società. Politica di vertice, che riesca a disegnare strategie per la crescita, ma anche una diffusa partecipazione di base. Fonte di progettualità e speranza nel futuro, personale e collettivo, come era nel passato, qualunque fosse l’ideologia scelta dai singoli.