A giugno, inflazione nell’Ue-19 all’8,6%. Carrello della spesa in Italia al +8,3%, top dal 1986. Livello mai registrato da quando è stata creata l’Unione economica e monetaria. Energia al 41,9% rispetto al 39,1% di maggio

Tra Eurostat e Istat, gara di pessimi dati record sul fronte economico. L’inflazione nell’Eurozona a giugno si è attestata all’8,6% contro l’8,1 di maggio. Livello mai registrato da quando è stata creata l’Unione economica e monetaria. La stima flash sull’andamento dei prezzi al consumo, resa nota oggi da Eurostat, era molto attesa, in una giornata iniziata con i mercati in arretramento per il timore di una recessione innescata dalla stretta monetaria della Bce. Basti pensare che Wall Street ha chiuso il suo peggior semestre da 50 anni, con l’indice S&P 500 che ha accusato una perdita del 21%, mai così male dal 1970. La principale componente a incidere sulla crescita dell’inflazione media nell’Ue-19 è stata l’energia, comparto nel quale l’aumento su base annua è stato a giugno del 41,9% rispetto al 39,1% di maggio. Ma non è l’unica componente ad aver contribuito a questo ennesimo record: dopo l’energia seguono cibo, alcol e tabacco (8,9%, rispetto al 7,5% di maggio); beni industriali non energetici (4,3%, contro il 4,2% di maggio) e servizi (3,4%, contro il 3,5% di maggio). A livello territoriale, gli unici cali dei tassi di inflazione vengono registrati in Germania (8,2% dall’8,7%) e Paesi Bassi (9,9 dal 10,2). E così veniamo all’altra nota dolente: l’Italia. I prezzi dei prodotti del cosiddetto “carrello della spesa” diventano sempre più cari e non accennano a diminuire. Secondo le stime preliminari dell’Istat, a giugno, i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono saliti dal +6,7% al +8,3%. È il dato più alto da gennaio 1986, quando il record ha toccato quota +8,6%. Addirittura, i prezzi dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto sono passati da +6,7% di maggio a +8,4% di giugno. Alla luce dei dati e delle persistenti tensioni sui mercati delle materie prime, «diventa sempre più complicato ipotizzare un rientro delle tensioni inflazionistiche nel breve periodo, con inevitabili pesanti effetti sul reddito disponibile e sul potere d’acquisto della ricchezza detenuta in forma liquida da parte delle famiglie, con conseguenti riverberi negati sui comportamenti di spesa», è il commento dell’Ufficio Studi Confcommercio.