Cosa viene prima in Europa: il benessere di cittadini, lavoratori e imprese o la sostenibilità? La scorsa settimana, il Consiglio Ue e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo politico provvisorio sulla direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese. L’acronimo è Csrd, anche queste cose vanno tenute a mente, sintetizza una proposta che, a detta di in una nota dello stesso Consiglio, «mira a colmare le carenze delle norme esistenti in materia di divulgazione di informazioni non finanziarie», la cui qualità è ritenuta ad oggi insufficiente per essere presa in considerazione dagli investitori. Carenze che ostacolerebbero «la transizione verso un’economia sostenibile».
Come la agevolerebbe? È presto detto: la direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità delle imprese modifica la direttiva sulla rendicontazione non finanziaria del 2014, introducendo requisiti di rendicontazione più dettagliati e garantendo che le grandi imprese siano tenute a riferire su questioni di sostenibilità. Quali sono le questioni di sostenibilità? I diritti ambientali, i diritti sociali, i diritti umani e i fattori di governance. Servono davvero agli investitori queste informazioni? Lasciando in sospeso la risposta, quello che veramente interessa è che con la nuova direttiva si amplia la platea delle imprese interessate. Fino ad oggi la rendicontazione non finanziaria rivolta agli investitori spettava solo alle grandi società quotate, grandi banche e assicurazioni, quotate e non, con più di 500 lavoratori.
Le norme, infatti, si applicheranno sempre alle imprese di cui sopra sia alle Pmi, tenendo conto, però, delle loro caratteristiche specifiche e cioè, detto in estrema sintesi, saranno esentate dall’applicazione della direttiva fino al 2028. C’è tempo, dunque, ma neanche tanto.
Sarà l’European Financial Reporting Advisory Group (Efrag) l’agenzia responsabile della definizione degli standard europei, sulla base della consulenza tecnica di una serie di agenzie europee, e, quanto alla rendicontazione, un revisore o un certificatore indipendente dovrà assicurare che le informazioni sulla sostenibilità siano conformi agli standard di certificazione adottati dall’Ue. L’applicazione del regolamento avverrà in tre fasi: 1° gennaio 2024 per le società già soggette alla direttiva sulla rendicontazione non finanziaria; 1° gennaio 2025 per le società che non sono attualmente soggette alla direttiva sulla rendicontazione non finanziaria; infine, 1° gennaio 2026 per le Pmi quotate, gli istituti di credito di piccole dimensioni e non complessi e le imprese di assicurazione.
L’unica certezza che, al momento, appare evidente è che la sostenibilità rischia ancora una volta di diventare o di essere quanto meno percepita come insostenibile.

di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL