di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Dal segretario del Pd Enrico Letta al fotografo Oliviero Toscani, dal giornalista Paolo Berizzi alla filosofa Rosi Braidotti, ma i nomi potrebbero essere molti altri, tutti accomunati dalla volontà di demonizzare, con un ampio uso degli spazi del dibattito pubblico, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, apostrofata in vari modi decisamente poco appropriati e dipinta come una minaccia per la democrazia, semplicemente per aver espresso le proprie idee, in particolare nel discorso pronunciato durante un comizio elettorale in Spagna a sostegno della candidata della formazione di destra Vox. Le accuse contro l’esponente politica – tra l’altro in questo periodo storico a capo dell’unico partito di opposizione in Italia, cosa che rende questo tentativo di annientamento dell’avversario ancora più deprecabile – sempre le stesse, ovvero l’avere idee diverse rispetto a quelle di sinistra su temi come il diritto di famiglia o la gestione delle migrazioni. Idee che, come afferma lo stesso Letta, differenziano progressisti e conservatori, dimenticando però di aggiungere che entrambe hanno e devono avere piena cittadinanza in un Paese che si dica democratico. E invece no. Evidentemente per Pd e affini si può essere di destra solo avendo idee di sinistra. Qualcosa di paradossale. Ed ecco, allora, che è partito il solito rituale portato avanti dagli “odiatori rossi”, quello di ingiuriare gli avversari, specie se all’apice del successo nei consensi. Berlusconi, Salvini ed ora Meloni, colpevoli di avere idee di destra e di piacere, proprio per questo, ai cittadini, agli elettori. Quindi da distruggere mediaticamente per scongiurarne una possibile vittoria alle urne. Un’operazione, questa sì, che ha ben poco di democratico, se alla legittima confutazione delle idee si sostituisce una, invece illegittima, volontà di annientare chi la pensi in modo diverso, attraverso insulti personali e accuse campate in aria. Su questa vocazione totalitaria della sinistra si dovrebbe discutere: si pensi, a pochi giorni dal referendum sulla giustizia, al caso Palamara, in quel caso contro Salvini, passato indebitamente sottotraccia mentre avrebbe meritato un ben più ampio moto di indignazione nella cosiddetta classe dirigente del Paese. Giorgia Meloni, evidentemente stanca di subire angherie ed anche preoccupata che una simile operazione d’odio nei suoi confronti possa portare qualche squilibrato a passare dalle parole ai fatti contro di lei, ha deciso di passare al contrattacco annunciando azioni legali contro i suoi detrattori, colpevoli di aver superato – e abbondantemente – il limite del diritto di critica, e affermando di voler condurre questa battaglia non solo per sé ma per affermare il principio in base al quale in Italia si possa ancora non essere di sinistra senza per questo diventare vittime di campagne d’odio. Una decisione sacrosanta, che tutti gli autentici democratici dovrebbero supportare e condividere.