di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Ci troviamo nel pieno di una crisi energetica, con un aumento vertiginoso dei costi delle materie prime all’interno di uno scenario preoccupante paragonabile allo ‘shock’ petrolifero degli anni Settanta. Una crisi esplosa già a inizio anno per gli effetti del post-pandemia e poi acuita significativamente dalla guerra russo-ucraina. Con l’Europa e l’Italia particolarmente colpite. Che fare per affrontare e disinnescare questa emergenza? Nell’immediato è fondamentale, più che mai in questa fase, scongiurare il rischio recessione attraverso misure di sostegno ai salari e una riforma della tassazione che punti a ridurre considerevolmente il costo del lavoro. Affrontando problemi che già c’erano – la bassa crescita dei salari e il cuneo fiscale – e che già danneggiavano in modo considerevole il nostro sistema economico-sociale, ma che ora, data la situazione, non possiamo più sostenere, pena effetti negativi irreversibili. Questa, però, è solo parte della soluzione. Oggi, in un’intervista su La Repubblica, l’ex presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, ha parlato, fra le altre cose, della crisi energetica e della necessità di un maggiore coordinamento europeo, di una strategia comune sul tema, da una centrale unica per l’acquisto di idrocarburi a un mercato unico dell’energia. Bene. Tuttavia, in una visione lungimirante, oltre ad un approvvigionamento coordinato di materie prime prodotte altrove per ottenere forniture certe ed a prezzi competitivi, passo utile, ma non risolutivo, la crisi energetica dovrebbe essere il punto di partenza per iniziative capaci di risolvere alla radice la questione. Attraverso investimenti finalizzati alla produzione in proprio di energia per raggiungere l’obiettivo di un’accettabile tasso di indipendenza. Nel nostro Paese questo si dovrebbe tradurre in politiche energetiche volte a favorire l’incremento dell’estrazione di gas dai mari del territorio italiano, la ricerca e l’utilizzo di fonti alternative come il gas e il nucleare di nuova generazione, al fine di assicurare il fabbisogno nazionale e prevenire future emergenze. Fornendo, così, l’energia necessaria all’economia ed alla comunità in generale, con conseguenze sulla crescita, supportando il sistema produttivo, sull’occupazione, con la creazione di nuovi posti di lavoro, sui consumi. In sintesi generando benessere e quindi anche lotta alla povertà, di cui, numeri alla mano, abbiamo estremo bisogno. Questa crisi – simile discorso si potrebbe fare sull’altra questione all’ordine del giorno a causa della guerra, quella relativa ai beni alimentari – se affrontata nel modo giusto potrebbe essere colta come un’opportunità per sanare questioni annose che sono emerse in tutta la loro importanza ma che erano già presenti e per impostare un futuro diverso. Occorre, però, una visione precisa e la volontà di cambiare, nell’interesse del Paese.