«Sistema-Italia, il più colpito dall’impatto sui costi di produzione dei rincari dell’energia». È ciò che si legge nelle stime del Centro Studi Confindustria: in confronto a Francia e Germania, la crisi energetica rischia di produrre maggiori danni nel Bel Paese

In bolletta tra 68 e 81 miliardi in più all’anno. È questo l’impatto, superiore a quello di Francia e Germania, al quale il nostro sistema Paese deve fare fronte a causa dei rincari dell’energia. Questo, in sintesi, il contenuto delle stime del Centro Studi Confindustria diffuse oggi. Nel dettaglio, per l’Italia su base mensile i maggiori costi sono tra i 5,7 e i 6,8 miliardi. Per il settore manifatturiero, l’aumento è stimato in circa 2,3-2,6 miliardi, che all’anno oscilla tra i 27,3 e 31,8 miliardi in più. Altrettanto vero che i rincari, a livelli critici, delle materie prime energetiche stanno colpendo in particolare i Paesi europei. Ma la situazione si differenzia nel confronto dell’impatto della corsa dei prezzi dell’energia sui costi di produzione. A politiche invariate, l’incidenza dei costi energetici sul totale dei costi di produzione per l’economia italiana potrebbe raggiungere l’8,8% nel 2022, più del doppio del corrispondente dato francese (3,9%) e quasi un terzo in più di quello tedesco (6,8%). Al 2022, l’incidenza dei costi energetici potrebbe raggiungere l’8% dei costi di produzione per l’industria italiana (dal 4% nel periodo pre-crisi), a fronte del 7,2% per l’industria tedesca (dal 4%) e del 4,8% di quella francese (dal 3,9%). Si amplierebbe così il divario di competitività di costo dell’Italia dai principali partner europei. Cosa che avverrebbe «per tutti i principali comparti dell’economia: dal settore primario, all’industria fino ai servizi». Per la manifattura, «la distanza si allargherebbe soprattutto nel confronto con la Francia, ma la perdita di competitività non sarebbe marginale neanche rispetto alla Germania». «Il maggiore impatto per le imprese manifatturiere italiane rispetto alle francesi risulta generalizzato a tutti i sotto-comparti, mentre dal confronto con quelle tedesche il quadro appare più variegato: tra quelli energivori, il danno è maggiore in Italia soprattutto nelle produzioni del legno, dei minerali non metalliferi e della chimica. Mentre per la carta, e soprattutto la metallurgia, l’impatto è maggiore che in Germania». D’altronde, sull’Italia pesa «il diverso mix di fonti energetiche utilizzate», l’impatto è dovuto «alla forte dipendenza, molto più alta che in Francia e Germania, del nostro Paese dall’utilizzo del gas naturale, non solo come fonte di produzione dell’energia elettrica, ma anche come input diretto all’interno dei processi produttivi», evidenzia il rapporto Csc.