Solo 1 milione e 700 mila (24%) su 7 milioni di nuovi contratti di lavoro

Interessante il risultato che emerge dal policy brief dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) dedicato agli incentivi all’occupazione: Decontribuzione Sud, Apprendistato, Incentivo donne, Esonero giovani insieme ad altri incentivi dello Stato a favore delle imprese, nel 2021, hanno generato soltanto il 24% delle nuove attivazioni contrattuali (poco più di un milione e 700mila) sugli oltre 7 milioni di nuovi contratti. Il contributo maggiore alla nuova occupazione è arrivato da Decontribuzione Sud con il 65,6% dei nuovi contratti agevolati (il 71% maschili e il 57% femminili), seguito dall’apprendistato con il 21,2% senza differenze di genere. Incentivo donne (nelle due forme L92/12 e L178/2020) ha inciso per il 4,8%; Esonero Giovani ha contribuito per il 5,8%, mentre il restante 2,6% è determinato da altre misure d’incentivazione.
Il 55 % dell’occupazione creata da Decontribuzione Sud è a tempo determinato contro il 16% di quella a tempo indeterminato, superato dal lavoro stagionale (18%). Schema che si ripete sia per uomini che per donne, con una incidenza maggiore del lavoro stabile per gli uomini (17% contro 13 %) e del lavoro stagionale per le donne (23% contro 16%). Le nuove assunzioni di donne effettuate con Decontribuzione Sud, che sono il 34% del totale, continuano ad essere in numero inferiore a quelle degli uomini e con una maggiore precarietà e discontinuità. Per il part time, la presenza di un’agevolazione non ha offerto un correttivo al fenomeno: tutte le assunzioni agevolate sono a part time per il 44%, mentre in quelle non agevolate lo sono per il 35%.
È a part time il 60% delle assunzioni agevolate femminili contro il 33% maschile, mentre in quelle non agevolate è a part time il 48% delle donne e il 26% degli uomini. Nessuna inversione di tendenza viene offerta dagli incentivi rivolti esclusivamente all’assunzione di donne: sono infatti a part time
il 63% dei contratti attivati da Incentivo donne L92/2012 e il 69% di quelli ex L 178/2020. Lo studio dimostra che «la strada degli incentivi alle imprese, utile in un momento di crisi economica, va valutata attentamente» ed è «necessaria una profonda riflessione sulla strategia competitiva che molte imprese applicano da anni, basata sulla compressione del costo del lavoro attraverso l’accentuazione di una flessibilità spuria». «Per ridare dignità al lavoro gli incentivi dovrebbero premiare quelle imprese che scommettono sul futuro e non sulla precarietà».