I dati CRESME, ma l’offerta non tiene il passo alla domanda

In un contesto che, tra il coronavirus e la guerra in Ucraina, non nega di certo difficoltà all’economia italiana, c’è un settore che sta attraversando una grande crescita, quello delle costruzioni. Secondo quanto riportato dal CRESME nel XXXII Rapporto Congiunturale e Previsionale, il 28% della crescita economica del 2021 è legata al settore delle costruzioni e per il 2022 è prevista una crescita degli investimenti nel settore del 6,5%, dopo il +21,4% del 2021, mentre per il 2023 si stima un lieve rallentamento al +6,4%. Nella presentazione del Rapporto, il CRESME cita poi un’altra serie di dati che riassumono gli importanti risultati raggiunti dal settore: nel 2021 sono stati aggiudicati 41 miliardi di euro di lavori pubblici, ovvero il 60% in più del 2005, quando si registrò il livello più alto degli anni duemila. Per quanto riguarda gli interventi di riqualificazione incentivati, il 2021 si è chiuso a oltre 66 miliardi di euro, contro i 28 miliardi della media annua del periodo 2013-2020. «Questa situazione, apparentemente positiva, mostra al suo interno pesanti rischi – avverte CRESME -; in primo luogo in termini di bilanci per le imprese serie». «Come tutti stanno sperimentando – si legge -, la variazione dei prezzi delle materie prime e dell’energia è tale da mettere in discussione progetti e contratti già definiti. Una variazione legata non solo al contesto internazionale, ma anche dal rapporto di una domanda superiore all’offerta e dalla speculazione che si moltiplica lungo la lunga filiera delle costruzioni».