di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Aumenta la disaffezione dalla politica e dal voto. Diciamo pure che questi che stiamo vivendo sono stati e sono anni eccezionali, dominati da sconvolgimenti inediti, che nessuno di noi si sarebbe aspettato, dalla pandemia mondiale alla guerra in Europa. Immaginiamo che il dibattito politico, per questo, sia attualmente “ibernato” di fronte a emergenze che richiedono azioni rapide, tempestive e, per forza di cose, condivise. Ricordiamo anche, però, con forza, e dovremmo farlo tutti, che questa non può essere considerata una “nuova normalità”, pena vivere in un sistema completamente differente rispetto alla Repubblica democratica di cui parla la nostra Costituzione. L’andamento del voto di ieri – per le amministrative e per il referendum sulla giustizia – nel quale si è verificata una nuova impennata dell’astensionismo, un nuovo minimo storico sul fronte dell’affluenza, ci offre un segnale preoccupante di profonda disaffezione della nostra cittadinanza rispetto alla politica ed al diritto-dovere di partecipare alle elezioni, alla vita civica della comunità. Non si tratta di una tendenza solo italiana: nelle elezioni francesi per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale è accaduto più o meno lo stesso. Si dice che questa situazione sia tipica delle cosiddette “democrazie mature” occidentali, ma, sinceramente, l’impressione è più quella di una crescente stanchezza che non di un raggiunto grado di pacatezza e maturità. Il perché è molto semplice: se la situazione economica e sociale italiana fosse talmente rosea e tranquillizzante da non richiedere riforme e cambiamenti, si potrebbe forse accettare, magari con un pizzico di dispiacere, ma nulla più, la trasformazione della politica in una mera amministrazione dell’esistente, poco interessante per le masse e riservata a qualche tecnico del settore. Dal momento che, invece, dati alla mano – su povertà, inclusione sociale, qualità e quantità dell’occupazione, aumento del costo della vita, sicurezza e chi più ne ha più ne metta – i problemi sono all’ordine del giorno e riguardano la vita quotidiana di tutti noi, l’astensionismo si può leggere non come una soddisfatta tendenza a disinteressarsi di qualcosa di rodato e in certo qual modo autosufficiente, quanto piuttosto come segno di una profonda disillusione basata sulla convinzione che le cose, comunque, non riusciranno a cambiare in meglio, nonostante il voto. Una disillusione alimentata anche dal trasformismo che ha caratterizzato la legislatura in corso. È vero, molto è dipeso dal Covid e poi dalla guerra. Speriamo, comunque, che da questo pantano si torni presto alla vera normalità, al confronto tra idee e visioni diverse di Paese, alla partecipazione, con la volontà di affrontare le tante criticità che affliggono il nostro sistema, con un corroborante tuffo nelle acque fresche della democrazia. Aspettando il 2023.