Riformare il sistema, nell’interesse dei cittadini, ma anche per la ripresa economica
di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Lo sappiamo, fra le necessità del Paese, per impostare un nuovo percorso di ripresa che sia anche sociale e capace di alimentare un maggiore senso di appartenenza alla comunità, oggi carente, c’è bisogno anche di una profonda riforma del sistema giudiziario. Attualmente non funziona, su vari fronti, e la credibilità della giustizia italiana, nonostante il lodevole impegno di moltissimi magistrati nella lotta alla criminalità, è in ribasso. Tutti ricordiamo l’affaire Palamara, uno dei vari scandali nei quali il confine, che dovrebbe essere netto, fra politica e giustizia è sembrato fin troppo labile, la massima obiettività nei giudizi – specie quelli riguardanti personaggi pubblici ed altri rappresentanti delle Istituzioni – non assicurata. «Salvini va comunque attaccato», così affermava il magistrato, che, assieme ad altri, contestava all’allora ministro degli Interni non dei reati, ma una diversa visione in merito alla questione immigrazione, con l’intenzione di utilizzare il potere giudiziario per cambiare le sorti e la gestione di quello politico. Un vero e proprio vulnus per la nostra democrazia. Il ruolo delle “correnti” e la capacità di queste, facendo leva sul proprio peso all’interno del sistema di autogoverno della magistratura, di condizionare i singoli magistrati nelle proprie scelte, attraverso la possibilità di procedere a nomine ed assegnazioni, con il dubbio fondato che in alcuni casi il criterio di scelta nella attribuzione delle posizioni di maggiore rilievo non sia stato basato sulla professionalità, ma, piuttosto, sull’appartenenza politica e sulla “fedeltà” a questa o quella corrente. Poi, oltre alle questioni politiche, certamente importantissime, anche altre criticità, non meno significative, che incidono quotidianamente sulla qualità della vita dei cittadini cosiddetti “comuni”. Un sistema troppo farraginoso, con processi infiniti, burocratizzato in modo tale da rendere lento ed affannoso il percorso della giustizia, in particolare in ambito civile. Una lentezza ed una inefficienza capaci, fra le altre cose, di scoraggiare gli investimenti, specie quelli stranieri, nel nostro Paese, riducendo le possibilità di crescita economica ed occupazionale e con effetti anche dal punto di vista dei costi e dell’accesso al credito. Domenica si voterà per provare a migliorare le cose, mentre la prossima settimana il Senato passerà al vaglio la riforma Cartabia. C’è bisogno di cambiare ed il Referendum è un’importante occasione per riuscire a farlo.

Cinque quesiti
Incandidabilità, ineleggibilità e decadenza da ruoli politici a seguito di sentenze, limitazione della carcerazione preventiva, separazione delle carriere fra pm e giudice, partecipazione dei cosiddetti “laici”, avvocati e professori, alla valutazione dei magistrati per avere maggiore obiettività, eliminazione dell’obbligo di avere una “base” di sostenitori per concorrere alle elezioni del Csm, che oggi impedisce la partecipazione dei giudici non appoggiati dalle correnti. Il Referendum si occupa di temi particolarmente importanti.