Scongiurare gli effetti negativi del passaggio all’elettrico con interventi lungimiranti
di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

La decisione è presa: dal 2035, data che sembra lontana ma non lo è affatto, non potranno più essere immatricolate in Europa le automobili con motore endotermico, ovvero alimentate a benzina o diesel, comprese le ibride, con l’intenzione di abbattere le emissioni di Co2. Chiaramente per un Paese come il nostro, nel quale i settori metalmeccanico ed automobilistico rivestono un ruolo molto importante, sia dal punto di vista economico che occupazionale, la cosa, pur comprendendo chiaramente l’importanza della salvaguardia dell’ambiente, non può che destare preoccupazione, perché sarà necessaria una completa riconversione delle produzioni al fine di non perdere terreno sui mercati e mantenere i livelli occupazionali. Ad esempio, nelle aziende che producono componenti per i veicoli endotermici il rischio è quello di vedere quasi dimezzato il numero degli addetti: degli attuali 160mila sarebbero 70mila i posti a rischio. Nel complesso per la produzione di auto elettriche si stima che occorra una forza lavoro inferiore del 30% rispetto a quella necessaria a realizzare una vettura tradizionale. Mentre riveste un ruolo basilare la produzione di batterie e ad oggi la gran parte, il 70%, è fabbricata nei Paesi asiatici, Cina, Giappone, Corea del Sud. L’Italia e l’Europa dovranno attrezzarsi sul fronte della produzione, come in parte sta già avvenendo, per motivi economico-sociali, ma anche per evitare nuove dipendenze dall’estero. E poi c’è il tema energia: per rendere realmente efficace la transizione e per impostare una maggiore indipendenza sarà fondamentale che le nuove vetture in circolazione siano alimentate da energia proveniente da fonti rinnovabili ed auto-prodotta. Torna prepotente, quindi, anche la questione del nuovo e più sicuro nucleare. Importante anche valutare gli effetti della transizione non solo dal lato dei produttori, aziende automobilistiche e lavoratori, ma anche da quello dei consumatori-cittadini: oggi le auto elettriche restano un bene costoso, non accessibile per tutti, con una diffusione, infatti, confinata nelle aree urbane e più sviluppate del Paese. Dato che l’automobile resta un elemento essenziale di inclusione lavorativa e sociale, soprattutto nelle aree rurali e periferiche nelle quali attualmente è meno diffusa quella elettrica, saranno necessarie vetture alla portata di tutti, come avvenne nel dopoguerra con la produzione delle utilitarie, onde evitare un nuovo divario sociale nell’ambito della mobilità.

Questione epocale

La transizione andrà affrontata in modo adeguato, per difendere in modo concreto l’ambiente, ma anche l’economia, la tenuta sociale, l’indipendenza economica e la sicurezza nazionale italiana ed europea. Evitando “ideologismi green” e prestando, piuttosto, la massima attenzione a temi che negli anni passati sono stati colpevolmente ignorati: l’autosufficienza produttiva nei settori strategici e la questione energetica.