Domenica prossima, gli italiani saranno chiamati ad esprimere il loro parere su cinque referendum che riguardano il grande tema della giustizia. Una prima considerazione riguarda la ridotta attenzione che gli organi di comunicazione stanno riservando a questa tornata referendaria, nonostante sui quesiti, a suo tempo, siano stati raccolte complessivamente milioni di firme, a dimostrazione di un forte interesse da parte dell’opinione pubblica. Per comprendere il basso livello di attenzione che diversi organi di informazione – cartacea, televisiva o web – stanno prestando, è sufficiente osservare come vengono trattati i vari eventi pubblici che il leader della Lega, Matteo Salvini, tiene in questi giorni, anche a supporto delle amministrative del 12 giugno. Nei resoconti di questi appuntamenti, molti danno più spazio alle reazioni dell’uditorio sulla vicenda del viaggio a Mosca piuttosto che sulle motivazioni per cui i cittadini dovrebbero andare a votare domenica. Come se non bastasse, capita poi che personaggi del mondo dello spettacolo, approfittando dello spazio loro concesso dal servizio pubblico, invitino ad andare al mare; per carità, ogni cittadino è legittimato ad avere una propria idea, però è evidente che occorre assicurare un contraddittorio ed avere rispetto per opinioni divergenti. Tornando al tema, i referendum sono momenti seri della vita di un popolo, perché rappresentano uno degli aspetti di massima partecipazione possibile, come sancito dalla stessa Costituzione. Il Parlamento approva le leggi e i cittadini, proprio grazie allo strumento referendario, possono cambiare l’ordine delle cose, in un’ottica di partecipazione diretta. Non a caso, il popolo è sempre stato chiamato ad affrontare tematiche importanti che investono vari aspetti della vita politica, sociale e civile. Dalla scelta fa monarchia e repubblica al divorzio, dall’aborto al finanziamento pubblico ai partiti, passando per l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La giustizia rientra a pieno titolo fra queste tematiche, perché impatta sulla carne viva delle persone e del fare impresa nel nostro Paese. Certo, il referendum è uno strumento secco, netto: un “sì” o un “no” all’abrogazione di una norma particolare o una legge, senza possibilità di mediazione alcuna. Il referendum, spesso, è una scossa necessaria per uscire dalla palude e per spingere il Parlamento e il Governo a mettere in campo quanto di loro rispettivamente competenza. Pure sul tema della giustizia. Non è un caso che la nostra Organizzazione sindacale in piena pandemia da Covid-19, fra l’aprile e il giugno del 2020, aveva invitato l’allora esecutivo Conte-2 ad avviare una forte azione di riforma della giustizia, riformando ad esempio il processo civile e il processo amministrativo, proprio per dare certezze ai cittadini e alle imprese. Non è possibile che un onesto cittadino debba aspettare anni per vedersi riconoscere un diritto negato o che una azienda debba, a sua volta, attendere lunghi mesi, prima di poter avviare dei lavori in appalto, a causa di ricorsi strumentali. Non è possibile poi quando capita che un tizio, arrestato perché ha rincorso un’altra persona con un machete in mano, sia già in libertà come se nulla fosse accaduto. E pensare che quelle immagini hanno fatto il giro del mondo.

di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL