È sicuramente un risultato importante per l’Italia, e anche per noi dell’UGL che lo abbiamo chiesto e sostenuto, l’aver ottenuto dall’UE una apertura per iscritto al tetto del prezzo del gas, il cosiddetto “price cap”. È inaccettabile sempre di più, alla luce sia delle speculazioni sempre in agguato sia dell’aumento record dell’inflazione, arrivata nel mese di aprile al 6,9% mai così alta dal 1986, che si possa pensare di “giocare” con i prezzi dei beni energetici, spesa ineludibile in qualsiasi bilancio familiare, individuale, pubblico e privato che sia.
Comprendendo quindi l’importanza di essere “sul pezzo” nelle questioni internazionali, prioritarie nell’azione del governo italiano e di qualsiasi governo occidentale, il timore è che si stiano perdendo di vista alcune questioni più squisitamente nazionali. Mi riferisco, ad esempio, all’allarme scattato in Sicilia all’annuncio del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, dell’intesa raggiunta dai 27 Paesi membri sull’embargo al petrolio russo. A Priolo, in provincia di Siracusa, hanno iniziato a temere per il proprio futuro circa 8mila posti di lavoro. Tanto che il sindaco ha lanciato oggi una sua proposta per risolvere la situazione, chissà quanto percorribile. L’Isab di Priolo, raffineria controllata dalla Lukoil attraverso la svizzera Litasco, dà lavoro a circa mille dipendenti e dal suo greggio lavorato dipende, a sua volta, un intero sistema che coinvolge gli 8mila lavoratori di cui sopra, per un giro d’affari pari a 1,1 miliardi annui. Le presenze e gli investimenti stranieri in Sicilia non sono solamente di nazionalità russa, ma anche algerina (Sonatrach), francese (Air Liquide) e sudafricana (Sasol). Ma nonostante il conflitto in Ucraina, il 100% del petrolio oggi lavorato a Priolo viene interamente dalla Russia, essendo state bloccate, a causa delle sanzioni, le linee di credito della raffineria. Agire al più presto, è fondamentale, perché stiamo parlando di impianti interconnessi tra di loro.
Se è necessario quindi seguire la linea di Ue e Nato, lo è altrettanto, però, difendere altri interessi nazionali. Come quello, dell’acciaio italiano, il cui rilancio, proprio ieri, ha subito un preoccupante rinvio. Tra l’impennata dell’inflazione e dei prezzi dei beni energetici, scarsità delle materie prime, necessità di agganciare la ripresa per non rendere più minaccioso il nostro debito pubblico, difendere e rilanciare la produzione dell’acciaio in Italia dovrebbe essere una delle vie maestre non per agganciare la ripresa, ma, a questo punto, per evitare la recessione. La proroga dell’ingresso pubblico nelle Acciaierie d’Italia, per intenderci ex Ilva, e dopo “l’inconsistenza” di un tavolo indetto per la Jsw di Piombino, ritenute entrambe strategiche per il futuro del Paese, mentre la cassa integrazione per i lavoratori continua a fioccare, vanno nella direzione diametralmente opposta. E si fa fatica a comprendere quale sia oggi, quale sarà in futuro la politica industriale del nostro Paese.

di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL