Visco: «Con guerra lunga due punti Pil in meno nel biennio. Evitare rincorsa prezzi-salari»

«La guerra ha radicalmente accentuato l’incertezza. L’attività produttiva si è indebolita nel primo trimestre, dovrebbe rafforzarsi moderatamente in quello in corso. In aprile valutavamo che il prolungamento del conflitto in Ucraina avrebbe potuto comportare circa due punti percentuali in meno di crescita, quest’anno e il prossimo». Se non è un allarme quello che oggi il governatore Ignazio Visco ha pronunciato nelle Considerazioni finali all’Assemblea generale della Banca d’Italia, poco ci manca. La differenza sta tutta nella realtà in cui il mondo – e l’Europa in particolare – è precipitata per via, appunto, del conflitto in Ucraina. Così, da un anno all’altro, nel pieno del recupero dalle perdite subite a causa della pandemia, una nuova crisi ha innescato una spirale negativa, che se non altro porterà con sé – questo il rischio maggiore – un rallentamento dell’economia. Sullo sfondo restano alcuni nodi, dall’inflazione che aumenta – e che Visco definisce «tassa ineludibile per il paese» – ai salari, con il potere d’acquisto che alla luce degli ultimi sviluppi si riduce. Ma allo stesso tempo il governatore della Banca d’Italia suggerisce di evitare «una vana rincorsa tra prezzi e salari» di fronte all’aumento dell’inflazione. Invece di una generale crescita delle retribuzioni agganciandole ai prezzi di alcuni beni, è il ragionamento, sarebbero opportuni «interventi di bilancio di natura temporanea e calibrati con attenzione alle finanze pubbliche» per contenere i rincari delle bollette energetiche e sostenere il reddito delle famiglie. «Le stime più recenti delle maggiori organizzazioni internazionali sono simili. Non si possono però escludere sviluppi più avversi. Se la guerra dovesse sfociare in interruzione delle forniture di gas russo, il pil potrebbe ridursi nella media del biennio», avverte Visco. Un’occasione di rilancio può comunque derivare dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che costituisce uno strumento fondamentale per «affrontare con successo la sfida di superare le debolezze che rallentano lo sviluppo dell’economia italiana, per interrompere il ristagno della produttività, contrastare l’effetto delle tendenze demografiche sull’offerta di lavoro, ridurre il peso del debito pubblico». A tale proposito, però, non si possono non tenere in considerazione i ritardi strutturali e i divari che ancora si osservano nel paese, come il tasso di partecipazione al lavoro delle donne che rimane inferiore di 18 punti rispetto a quello degli uomini e di 13 punti rispetto alla media europea. Inoltre nel Mezzogiorno «il livello medio del Pil per abitante è inferiore del 45% a quello del Centro-Nord». In generale, secondo Visco, «la cooperazione internazionale non deve cedere il passo. La necessaria riflessione sul governo della globalizzazione non deve venire offuscata dalla sfiducia e dalle tensioni che derivano dal conflitto in atto; va invece coltivata con il massimo impegno, mantenendo aperto il dialogo, la speranza che la guerra, per la quale esprimiamo netta e totale condanna, cessi al più presto». Una divisione del mondo in blocchi, insomma, «rischierebbe di compromettere i meccanismi che hanno stimolato la crescita e ridotto la povertà a livello globale», una condizione che metterebbe a repentaglio le sfide del presente, dal clima al contrasto alle pandemie. Senza dimenticare la crisi alimentare – tutte questioni tra loro legate – che giungerebbe dalla guerra: «I rincari dei beni agroalimentari e le difficoltà nel loro approvvigionamento rischiano di colpire soprattutto gli strati più vulnerabili della popolazione mondiale e i paesi più dipendenti dalle loro importazioni».