di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

È stato pubblicato, su Italia Oggi Sette, un interessante dossier sulla diffusione nel nostro Paese della partecipazione azionaria dei dipendenti alle imprese nel quale si nota che negli ultimi tempi c’è stata una vera e propria impennata del fenomeno. In base a quanto rilevato nell’articolo «solo negli ultimi due mesi si possono infatti contare cinque piani presentati da realtà importanti: Prysmian, Kering, Generali, Intesa Sanpaolo e Korian», ma sarebbero da citare anche i programmi lanciati meno recentemente da Luxottica e Campari. L’idea delle aziende interessate da questi progetti è quella di promuovere il coinvolgimento dei dipendenti nel proprio capitale azionario, su base volontaria ed evitando discriminazioni verso chi non voglia aderire, per generare un maggiore senso di appartenenza alle imprese. Un segnale importante, specie per chi, come l’Ugl, ha sempre ritenuto fondamentale puntare sulla partecipazione. Eppure, manca qualcosa di non poco conto, come del resto nota anche l’articolo stesso di Italia Oggi, ovvero il fatto che «la piena attuazione di un modello partecipativo e il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione e nei risultati di impresa ha bisogno di sostegni istituzionali, di regole certe e condivise, di informazioni e di trasparenza», citando il commento pubblicato dal Senato all’interno del dossier sul ddl 106, una delle proposte di legge sul tema. Perché vera partecipazione non è solo azionariato, ma anche informazione, consultazione, cogestione. Coinvolgimento delle rappresentanze dei dipendenti nei processi decisionali, dando ai tanti lavoratori/piccoli azionisti una voce comune – e quindi più forte – ed anche un ruolo definito all’interno dell’organigramma aziendale. Per fare in modo che le singole iniziative delle imprese rientrino in una serie di canoni comuni, che garantiscano criteri standard a tutela dei lavoratori, non si può evitare un passaggio istituzionale, ossia la definizione di un quadro normativo che disciplini da un lato e incentivi dall’altro queste formule di partecipazione, dando finalmente corpo a quell’articolo 46 della Costituzione di fatto mai messo in pratica, ad oltre settant’anni dalla sua stesura. Delle proposte ci sono, ancora però in discussione alle Camere. Anche alla luce del crescente interesse delle aziende, dimostrato dal lancio dei piani di azionariato da parte di imprese importanti, sarebbe necessario riprendere l’esame dei vari progetti di legge ed arrivare finalmente ad un risultato concreto. Forse il governo di unità nazionale dovrebbe servire anche a questo, a superare vecchi freni ideologici nei confronti del modello partecipativo e giungere rapidamente ad una sintesi per dare una giusta cornice alle iniziative aziendali, che stanno comunque andando avanti e devono essere regolamentate, nell’interesse di tutti.