di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Con la pubblicazione del decreto direttorio del 9 maggio scorso, entra più nel vivo tutta la parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza relativa alla Missione 5, componente 2, vale a dire quella dell’inclusione sociale delle persone con fragilità, in particolare famiglie deboli con minori, anziani ed adulti non autosufficienti, persone con disabilità o in condizione di estrema povertà. Rispetto ad altre parti del Pnrr, questa, probabilmente, è una di quelle che impatta maggiormente sulle persone, soprattutto su quelle che, quotidianamente, si rivolgono ai servizi sociali dei comuni, alla Caritas, alla Croce Rossa e alle tante organizzazioni di volontariato che rendono grande e accogliente il nostro Paese. Al momento, non tutte le risorse stanziate sono già state assegnate; mancano all’appello circa 200 milioni di euro. Facendo due conti, si scopre facilmente che, anche questa volta, il Mezzogiorno è in forte ritardo. La cosa preoccupante è che, finora, il ministero del lavoro e delle politiche sociali si è limitato a chiedere agli ambiti territoriali sociali di esprimere il loro interesse a partecipare, senza scendere nei particolari di cosa si intende realizzare. Torna quindi la difficoltà oggettiva degli enti locali, anche di quelli non del Sud, di mettere a terra le idee. Ciò accade per la carenza di personale, per la mancanza di personale professionalmente preparato e per una burocrazia asfissiante che considera allo stesso modo progetti di poche migliaia di euro e opere mastodontiche da centinaia di milioni o miliardi. Nelle prossime settimane, si inizierà a capire se e quanto il Piano nazionale di ripresa e resilienza potrà effettivamente migliorare il nostro Paese.