Non si trovano lavoratori? Puntare su stipendi (migliori) e formazione. Ennesimo allarme lanciato da Confartigianato. Da giugno nei CPI al via percorsi per giovani under 30, donne, over 55, disabili e disoccupati di lungo termine

Probabilmente la verità sta nel mezzo. Sulle imprese che non trovano lavoratori, il Commissario straordinario di Anpal, l’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro, Raffaele Tangorra, spiega in un’intervista a Repubblica che «il mismatch italiano esiste, ma è inferiore a quello di altri Paesi europei, Francia o Germania, dopo la recessione innescata dal Covid». È, sostiene, quasi fisiologico: «Le aziende ripartono tutte insieme e si contendono i lavoratori, generando l’apparente paradosso di avere posti vacanti in presenza di disoccupazione». «Se però le aziende non trovano bagnini e camionisti, forse dovremmo chiederci quali salari offrono». Dal rapporto “Tocca a noi 2022” presentato oggi alla Convention dei Giovani Imprenditori di Confartigianato, emerge che la distanza dei ragazzi italiani dal mondo del lavoro colloca il nostro Paese al primo posto nella Ue per la maggiore percentuale di Neet: 23,1%, sul totale dei giovani tra 15 e 29 anni. La media europea è al 13,1%. Nel 2020, 1,1 milione di giovani under 35 non studiava e non cercava occupazione, mentre ben 40mila giovani tra 25 e 34 anni sono espatriati per trovare lavoro. Nel 2020, poi, è stato toccato il numero più alto, dell’ultimo decennio, di under 35 inattivi che non studiano e non sono disponibili a lavorare: ben 1.114.000. L’anno, il 2020, è più che altro segnato dalla pandemia, ma comunque le imprese italiane faticano a trovare il 52% della manodopera qualificata. Non solo, le aziende «hanno difficoltà a trovare 295mila under 30 con competenze digitali e 341mila under 30 con competenze green» (dati 2021). Per Confartigianato il problema sta nel «gap scuola-lavoro», chiedendo quindi «un cambio di passo nelle politiche giovanili». L’Italia non brilla per integrazione tra scuola e lavoro: «Siamo infatti al 21° posto in Europa per la quota di occupati under 30 impegnati in percorsi formativi, con appena il 5,2% dei giovani di questa fascia di età, mentre la media è del 15,2% e in Germania sale al 24,4%». In qualche modo, il record positivo dell’Italia quale Paese europeo con il maggior numero di imprenditori e lavoratori autonomi under 35, pari a 694mila, e 123.321 imprese artigiane con a capo under 35, potrebbe lasciare sottintendere che nel lavoro dipendente c’è qualcosa in termini di soddisfazione, economica e non solo, che non va e che deve essere “aggiustato”.