di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Se ne parla da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina: la possibilità che la guerra, fra le altre cose, provochi problemi di approvvigionamento di prodotti agricoli di primaria importanza come mais e grano, dato che sia Mosca che Kiev sono tra i principali fornitori di cereali, coprendo più del 25% delle esportazioni a livello globale. Non si tratta di allarmismo, ma di una questione concreta, da affrontare quanto prima per scongiurare una crisi alimentare globale ed, infatti, di questo rischio ha parlato anche lo stesso presidente del Consiglio Draghi nell’informativa in Senato sulla guerra. Sappiamo che già le devastazioni dovute alla guerra hanno colpito la capacità produttiva di ampie aree dell’Ucraina. Non solo: milioni di tonnellate di cereali sono bloccate nei porti del mar d’Azov e del Mar Nero. L’approvvigionamento dei cereali è e sarà utilizzato dai belligeranti, Russia in primis, come strumento per influenzare la comunità internazionale e volgere a proprio favore le sorti del conflitto. Mettendo in difficoltà gli altri Stati. A tal proposito, preoccupa l’allarme lanciato da Federalimentare riguardo il rischio di una carenza anche in Italia, oltre ad un aumento del prezzo che solamente da febbraio ad oggi risulta pari al +52%, toccando i massimi storici. Se la situazione non cambierà nel medio periodo, la crisi si ripercuoterà duramente sulle aziende alimentari e sui lavoratori del settore e della filiera, sui consumatori, specie quelli dai redditi medio-bassi, già costretti ad affrontare i rincari energetici, su tutto il nostro sistema sia produttivo che sociale. Altra questione: l’emergenza alimentare dovrebbe colpire soprattutto i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente e tutto questo potrebbe scatenare nuove crisi politiche e nuove ondate migratorie verso l’Europa e l’Italia, innescando una spirale di continue emergenze che non possiamo assolutamente permetterci. Inutile rammaricarsi di quanto non fatto in precedenza per assicurare maggiore autonomia anche in questo ambito tanto essenziale: adesso bisogna agire in fretta, possibilmente con un’azione coordinata tra i Paesi Ue, sostenendo un’iniziativa di collaborazione tra le parti in causa per evitare effetti potenzialmente drammatici per milioni di persone, lavoratori, imprese, famiglie. Procedendo, come con l’energia, verso due strade complementari: nuove fonti di rifornimento per l’emergenza, ma, soprattutto, investimenti lungimiranti finalizzati ad una soddisfacente autonomia. Recentemente dall’Ue è arrivato un via libera per la semina in Italia di altri 200mila ettari di terreno per la produzione di circa 15 milioni di quintali in più di mais e grano duro. Bisogna fare di più perché l’unica strada sicura è quella di una riduzione della dipendenza dall’estero, di una maggiore sovranità, anche alimentare.