Due lavoratori su tre sono disposti a cercare un nuovo lavoro se costretti inutilmente a tornare in ufficio a tempo pieno. È quanto emerge da uno studio condotto da Adp, società che si occupa di payroll e soluzioni di gestione del capitale umano, che ha condotto un sondaggio su 33mila lavoratori in tutto il mondo. La richiesta dei dipendenti è chiara: flessibilità sull’orario e sul luogo di lavoro. Dal marzo 2020, le priorità sono cambiate. Le persone non sono più disposte a sacrificare tempo e stile di vita sull’altare delle aziende. Il fenomeno della Great Resignation è reale e non pare abbia alcuna voglia di sparire da un giorno all’altro. Le imprese hanno davanti scelte difficili: cambiare la cultura del lavoro o rischiare di perdere i propri talenti, attratti da nuove sfide lavorative più in linea con le attuali esigenze. La ricerca di Adp è confortata, oltre che dai dati, anche dal report 2022 Work Trend Index prodotto da Microsoft, che ha coinvolto 31.000 intervistati in 31 paesi e ha analizzato “trilioni di segnali di produttività in Microsoft 365 e tendenze del lavoro su LinkedIn” e che segnala alcuni punti caldi che i business leader devono tenere in considerazione. Rispetto a prima della pandemia, il 53% dei lavoratori è più propenso a dare la priorità alla salute e al benessere rispetto al lavoro. E il 52% dei lavoratori della Generazione Z (nati dal 1995) e i Millennials (nati fra il 1980 e il 1994) prenderà probabilmente in considerazione la possibilità di cambiare datore di lavoro nel 2022.