Pnrr e politica energetica: le due occasioni del Mezzogiorno. Draghi: «Dobbiamo procedere rapidamente», «le realtà amministrative e imprenditoriali locali conoscono il loro territorio meglio di Roma o da Bruxelles»

Il conflitto in Ucraina ha oscurato questioni, nazionali, ben lontane dall’essere risolte. Ma oggi dal Forum Ambrosetti per il tema scelto – “Verso Sud, la strategia europea per una nuova stagione geopolitica, economica e socio-culturale del Mediterraneo” – si è potuto riflettere su nodi irrisolti e visioni strategiche. Da una parte, il Sud d’Italia che si trova «al centro dell’azione dell’Esecutivo, delle nostre politiche di rilancio del Paese. Vogliamo che il Mezzogiorno torni ad avere la centralità che merita, in Italia e in Europa», ha detto e promesso il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo intervento odierno. Ricordando come «oltre metà dei fondi del Pnrr e del Fondo Complementare in progetti infrastrutturali sono destinati al Mezzogiorno: stanziamo 1,5 miliardi per i porti al Sud, per renderli più efficienti, sostenibili, moderni. Potenziamo l’alta velocità e miglioriamo il collegamento del sistema portuale al resto della rete, per facilitare il trasporto di merci». Senza dimenticare che nello sviluppare «al Sud una politica industriale improntata all’innovazione in filiere strategiche, come quella dei semiconduttori e della mobilità sostenibile, lo facciamo in pieno raccordo con gli enti territoriali». Dall’altra, la politica energetica, problema sorto con grande emergenza dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. «Dobbiamo rafforzare la cooperazione tra Paesi del Mediterraneo anche nella politica energetica», ha spiegato Draghi. «L’Italia si è mossa con la massima celerità per diversificare le forniture di gas, e intende continuare a farlo. Allo stesso tempo, acceleriamo lo sviluppo dell’energia rinnovabile, per migliorare la sostenibilità del nostro modello produttivo». Che cosa c’entra con il Sud d’Italia? C’entra perché «i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo sono un partner naturale», riferendosi in particolare agli accordi chiusi con l’Algeria e indicandoli come «un modello da seguire» che oltre alla transizione energetica può contribuire «a creare nuova occupazione e opportunità di crescita». «Per rafforzare questi partenariati, dobbiamo lavorare per la stabilizzazione politica della regione mediterranea», ha sottolineato. «Mi riferisco in particolare alla Libia, un Paese dalle enormi potenzialità. Ma penso, più in generale, ai rischi che la guerra pone alla stabilità dell’Africa, del Medio Oriente. Il blocco delle esportazioni di grano dall’Ucraina rischia di provocare una crisi alimentare, che a sua volta può produrre instabilità politica». «Lo sviluppo dell’area mediterranea non può essere visto soltanto sotto il profilo delle politiche di coesione». Ecco perché «intendiamo investire da subito nella sicurezza alimentare, insieme al resto dell’Unione Europea, per rafforzare e rendere più integrate le catene di approvvigionamento». Tutto sembra favorire il Sud, purché tutto si realizzi e presto.