Siderurgia: da Piombino a Taranto fiocca la cassa integrazione, ma c’è “fame” di materie prime. Il conflitto in Ucraina sta creando problemi non soltanto per il gas e il grano, ma anche per l’acciaio e altri prodotti metallurgici

Nel corso di un convegno a Firenze, è stato chiesto al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, un commento sull’annuncio fatto nelle scorse ore dalla proprietà delle acciaierie di Piombino, Jindal, riguardante un alto cospicuo di esuberi. Il ministro ha dichiarato: «La proprietà deve dire cosa vuole fare: io credo che sia urgente che sia chiamata a un confronto, perché non stiamo parlando di una piccola realtà aziendale, stiamo parlando di un segmento molto importante, di una filiera strategica per il Paese come l’acciaio, e da questo punto di vista credo che sia doveroso chiedere chiarimenti a Jindal». Ma non è soltanto Piombino ad avere simili problemi. Una settimana fa i lavoratori – di tutte le sigle sindacali metalmeccaniche – dello stabilimento Acciaierie d’Italia, ex Ilva, di Taranto, hanno scioperato per l’intera giornata. Coinvolti nella protesta tutti i lavoratori: da quelli diretti a quelli dell’amministrazione straordinaria, dall’appalto all’indotto. Un forte segnale al governo affinché prendesse posizione sulla situazione della fabbrica di Taranto, dei lavoratori e della città. A fronte di una sofferenza nel reperire e nell’affrontare soprattutto i costi dell’acciaio, più quelli dei beni energetici e di altre materie prime, mentre è in sofferenza per le stesse ragioni anche il settore manifatturiero, il socio franco-indiano, Arcelor Mittal, della più grande acciaieria d’Europa invece di investire e di conquistare nuove commesse continua ad andare avanti “a colpi” di cassa integrazione straordinaria, oltretutto in maniera unilaterale, e a non rispettare gli accordi sottoscritti anche con il Governo, che è “l’altro” socio dell’ex Ilva. Il conflitto in Ucraina sta creando problemi non soltanto per il gas e il grano, ma anche per l’acciaio e altri prodotti metallurgici. Basti pensare che l’acciaieria Azovstal di Mariupol in Ucraina, uno dei più grandi impianti d’Europa, bombardata il 19 marzo 2022 e ancora sotto assedio, detiene asset metallurgici in Ucraina, Regno Unito, Bulgaria e Italia (Ferriera Valsider di Vallese di Oppeano (VR) e Metinvest Trametal di San Giorgio di Nogaro (UD). Già nel 2021, di acciaio ce n’era poco e costava caro, mentre una parte di quello già pronto per essere lavorato era bloccato nei porti per vincoli normativi stabiliti dall’Unione Europea, che prevedevano un tetto massimo all’importazione di alcune tipologie d’acciaio. Già allora, le imprese siderurgiche italiane non erano in grado di sostenere da sole il fabbisogno del mercato nazionale. Oggi in Italia vi è una fortissima richiesta di acciaio, ma in fabbriche importanti si va in cassa integrazione. È evidente che qualcosa non va e che serve una forte iniziativa.