di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Siamo arrivati al 77esimo giorno di guerra in Ucraina, con tutto ciò che comporta, in termini di vittime, feriti, distruzione e terrore. E l’auspicio non può che essere quello di arrivare il prima possibile a dei negoziati che portino alla pace, in Ucraina ed in tutta Europa, perché è tutto il nostro continente vittima principale, ovviamente dopo Kiev, di questo conflitto. Un compromesso accettabile da entrambe le parti, che porti il più velocemente possibile verso una definitiva risoluzione di questo sanguinoso scontro. Le uniche alternative sarebbero un’escalation dagli esiti imprevedibili, non solo per le parti in causa, ma per il mondo intero, considerando la potenza militare e nucleare della Russia, oppure uno stato di guerra permanente capace di durare anni, altro scenario da evitare ad ogni costo, perché comporterebbe una costante perdita di vite umane, una vera e propria distruzione della società ucraina, instabilità politica, economica e sociale in tutta Europa. E tutto questo, davvero, non potrebbe certo giovare alla causa ucraina, né alla tutela degli interessi nazionali e comunitari degli Stati dell’Unione europea. Inizialmente l’istintiva solidarietà verso gli aggrediti ha fatto dimenticare a molta parte dell’opinione pubblica ma anche, meno comprensibilmente dato il ruolo, anche a molti leader politici europei – non a tutti, va detto, come ad esempio il riconfermato presidente francese Macron, uno fra i più lucidi politici europei in questo difficilissimo frangente – la necessità di un approccio lungimirante e pragmatico. Ora, invece, con il passare dei giorni, col perdurare della guerra, con il timore di evoluzioni inaspettate e rischiose del conflitto, queste considerazioni si stanno facendo largo in modo più esteso e bipartisan fra le classi dirigenti europee ed italiane. Basti pensare alle parole di Letta, che invoca un’Europa più matura, o anche all’appello rivolto da Draghi a Biden durante la sua visita negli Stati Uniti. “La pace sarà quello che vorranno gli ucraini, non quello che vorranno altri”, così il Premier, ed il riferimento alla contrarietà della Nato alla proposta di Zelenski di mettere sul piatto delle trattative l’accettazione dell’annessione della Crimea alla Russia per arrivare a un accordo è apparso piuttosto chiaro. Insomma, è necessario procedere verso un reale progresso delle trattative, sapendo che per ottenere ciò occorrerà un compromesso, che tuteli la sovranità dell’Ucraina, ma che porti ad un cessate il fuoco permanente, percorrendo la strada della diplomazia per mettere fine alla guerra. Per l’Ucraina e per tutto il Vecchio Continente, Italia compresa, con la drammatica nuova crisi economico sociale che già vediamo realizzarsi nel nostro Paese come conseguenza del conflitto: crescita dell’inflazione, aumento del costo di bollette e materie prime, lavoratori e imprese in gravissima difficoltà, possibili ripercussioni economiche e occupazionali e poi anche lo spettro di una crisi alimentare mondiale che porterebbe a una nuova ondata migratoria ingestibile, soprattutto in questa situazione. Serve, al più presto, la pace, per l’Ucraina e per l’Europa.